mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 19 Febbraio 2023

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Occhio per occhio

La legge del taglione è evidentemente fatta per fermare la violenza, per la dissuasione, perché blocca la scalata. Tutte le leggi penali sono ispirate se non alla lettera almeno allo spirito della legge del taglione che serve per stabilire una sanzione al delitto. Anche se la parola sanzione è molto ambigua. Bisogna ricusare senza incertezze la parola vendetta e punizione. Chi può arrogarsi il diritto di punire? Con quale stupidità ci immaginiamo che far soffrire qualcuno può compensare un danno?

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Prendere le misure necessarie per rieducare un asociale, esigere da un ladro una certa quantità di lavoro per rimborsare il suo furto è una cosa; vendicarsi o la società che si vendica è perverso. Noi e le nostre società abbiamo da imparare qualcosa dallo stesso taglione senza pensare di adoperarlo.

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Se restiamo tra noi, il prossimo e me, non possiamo superare il “mio dovuto” e al massimo cercare l’uguaglianza. Il vangelo ci invita a superare la coppia noi e il prossimo per introdurre Dio nella relazione, e ci domanda, cosa inaudita, di comportarci come Dio, cioè come la sorgente della vita e colui che fa crescere il mondo e l’uomo. La relazione di Dio con l’uomo non può essere nell’ordine di chi dona e chi riceve, perché Dio è la sorgente di tutto: tutto ciò che possiamo donare lo abbiamo ricevuto. Questo si chiama “gratuità”. Riprodurre questa gratuità nei confronti degli altri suppone che noi doniamo senza ricevere, che amiamo coloro che non ci amano, ecc. Questa non è una perfezione facoltativa, perché è la nostra propria esistenza. Esistere per l’uomo è essere l’immagine di Dio.

Questo dono crea uno squilibrio. Tutto deve essere più o meno compensato, ogni azione aspetta una reazione. È questo squilibrio che è creatore, perché crea movimento. Quando tra di noi un dono è compensato da un altro dono, tutto è nell’ordine e niente si muove. Tutto è nell’ordine, e come dice Gesù ai farisei: “Hanno già ricevuto la loro ricompensa”. Al contrario, quando dono senza ricevere creo un vuoto, una richiesta. Chi può riempire questo vuoto? Chi fa esistere qualcosa dove non c’è niente? Dio è messo in movimento: il niente richiede la creazione. La reciprocità esige la parola “ricompensa” e mette in circolo una realtà che non è altro che la circolazione dell’amore.

Il furore di chi schiaffeggia e l’esigenza di colui che vuol prendere le difese possono sembrare un atteggiamento “giusto”, si tratta di azioni e azioni vigorose. Ma in realtà sono vuote perché traducono, segnalano, una mancanza di amore. Agendo come Dio, siamo invitati a riempire questo vuoto. È l’amore di Dio che passa, che attraversa, noi stessi e va a riempire l’altro. Non c’è altro mezzo per ricevere l’amore che donarlo, perché l’amore è circolazione di vita. Noi riceviamo nella giusta misura in cui doniamo. Il taglione è così realizzato passando dall’ “esigere”, dal “prendere”, al “donare”.

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