mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 17 Settembre 2023

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Il perdono

I testi del perdono ci dicono quello che devono dire, sostanzialmente siamo invitati a orientare il nostro sguardo. Quando siamo stati vittima del nostro prossimo il nostro orizzonte è occupato dalla relazione tra lui e noi. Relazione negativa e inquietante. Dio non è più la, l’offesa del prossimo lo ha eliminato e si fa fatica a fare relazione a lui. E’ questa esclusione di Dio che bisogna eliminare e colui che è stato offeso è nella situazione migliore per reintrodurre Dio nella relazione.

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E’ in qualche modo nella situazione stessa di Dio nei confronti dell’uomo. Nel Cristo. Dio è offeso e messo a morte. Colui che ha subito il danno non ha che un passo da fare per reintrodurre Dio: ricopiare l’atteggiamento di Dio nel Cristo nella Pasqua. I testi ci invitano a orientare il nostro sguardo dalla coppia, offeso e offensore e portarla sulla coppia Dio-me. Pensa al giudizio finale, pensa ai comandamenti, pensa all’Alleanza. Il Vangelo ci conduce a portare la nostra attenzione sulla relazione Io-Padre.

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L’offeso si trova nella condizione di Dio. Dio è per noi la potenza di vita e di creazione: tutto ciò che noi chiamiamo peccato è in una maniera o nell’altra una condotta di morte o di decreazione Il peccato del prossimo nei miei riguardi è un tentativo per diminuirmi, per neutralizzarmi ( la morte è questo).Tutto questo ci rinvia alla passione di Cristo. Soltanto se mi assimilo a Cristo scopro la distanza che mi separa da Lui. Lui è il giusto, io no. Posso dire le parole del malfattore sula Croce “per noi è giusto”. Se andiamo più lontano possiamo costatare che io non sono completamente dalla parte della vittima ma anche dei malfattori. In breve, dovendo perdonare sono anch’io che devo essere perdonato. Eccomi non più faccia a faccia col mio offensore ma accanto a lui e davanti a Dio. Il mio problema diventa il problema del mio perdono, del perdono di tutti e due.

Ci può sorprendere la parabola di Dio che regola i conti, parabola che dobbiamo prendere molto sul serio. Dobbiamo prendere coscienza che simo debitori. La nostra situazione di debitori è anormale: secondo la giustizia dovremmo rimborsare tutto. Il perdono di Dio dovrebbe stupirci o almeno meravigliarci. E’ soltanto nella gioia del perdono che possiamo perdonarci. Ma se noi non perdoniamo non siamo più immagine di Dio che perdona. Essere immagine ed essere è la stessa cosa. Non imitare Dio è sottrarci alla potenza che ci ha creato. Soltanto nella logica del perdono ci mettiamo nel contro universo che è la logica del peccato.

Tutti sappiamo quanto è difficile perdonare. Quanto abbiamo detto può aiutarci a desiderare di perdonare. Tutto questo basta senza perdere di vista che il perdono è una decisione. Ma è anche vero quanto mi diceva quel marito che era stato tradito dalla moglie e che aveva deciso di perdonarla “La perdono ma quel che ha fatto mi torna a gola”. Poco importa il rimorso della sensibilità se persiste la decisione sapendo che anch’io sono peccatore e Dio perdona. Certamente il rimorso non è da trattare alla leggera ma è il momento di richiamarci le ragioni del perdono. Questo lavoro psicologico deve essere iscritto in un cammino spirituale che non è separabile dalla preghiera. E’ lo Spirito che ci fa perdonare: il perdono passa dalle nostre mani e arriva a noi perché Dio perdona per primo. Questo è quanto dice la parabola.

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