Salvati e salvatori
Il vero discepolo è colui che cerca di seguire giorno per giorno il Signore. Oggi la nostra attenzione è rivolta a Cristo e alla sua passione: “Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me”.
Un cristiano del terzo secolo, Clemente Alessandrino, ebbe il genio di riassumere la nostra situazione in poche parole: “Salvati e salvatori per l’iniziativa di uno solo” (Stromata III). Per far capire prende l’esempio della calamita. Se si mette una calamita a contatto con una catena di ferro, la calamita attrae tutte le maglie della catena.
L’attrazione si trasmette fino all’estremità della catena. Ugualmente per i cristiani, attratti da Cristo nello Spirito Santo, aderendo a Cristo possono attirare anche altre persone. È così che siamo salvati e salvatori. Il Cristo conta su di noi per realizzare la sua opera di salvezza. Attraverso di Noi desidera arrivare a molti uomini.
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In questa quaresima riceviamo una grazia più abbondante per essere più trasparenti e più docili all’azione di Dio nel cuore del mondo. Il Concilio Vaticano II dice che la Chiesa è “Sacramento universale di salvezza, cioè segno e mezzo di unione con Dio”. Il Cristo conta su di noi per essere segno e mezzo.
Come rispondere alle attese di Cristo nei nostri riguardi? Possiamo ammirare la finezza della pagina del Vangelo di questa domenica. Alcuni Greci chiedono di vedere Gesù. Non fanno parte del popolo ebraico e Gesù è venuto per le pecore perdute della casa di Israele. Sembra non voler rispondere. Parla del grano caduto in terra e sente una voce. Alla fine, Gesù spiega il significato profondo della sua morte: “Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me”. Gesù, che sembra non rispondere, dice tutto con questa frase. Si presenta come salvatore di tutti gli uomini, compresi i Greci.
Ma di quale salvezza si tratta? Bisogna distinguere tra salvatore e soccorritori. Il primo è colui che sottrae da un pericolo grave il suo prossimo; i secondi fanno del bene al prossimo e liberano con il loro intervento da qualche pericolo. Il primo è colui che si butta in mare e salva dalla morte chi sta affogando; i secondi sono i pompieri e tutti i servizi pubblici necessari alla vita della società. Gesù è venuto a ristabilire nel senso più completo il rapporto col Padre, che gli uomini avevano interrotto col peccato, rompendo l’Alleanza con Dio. Sant’Ambrogio lo chiama “riparare in meglio”, come nella parabola del figliol prodigo.
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La Scrittura è piena di richiami per ristabilire la verità della nostra relazione con Dio. Nella prima lettura ci viene presentato Dio, che farà più di quanto ha fatto con i nostri padri che aveva preso per mano. Infatti “porrò la mia legge nel loro cuore. Allora essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio”.
Gesù è apprezzato per le sue parole piene di saggezza e per il suo esempio di amore agli altri, ma c’è un segreto che sfugge alla maggioranza dei suoi ascoltatori: Gesù è venuto a rivelare l’amore del Padre, a liberarci dai nostri egoismi e a manifestarci come possiamo amare nella verità.
Con la sua morte in Croce, Gesù è stato elevato. San Paolo dice: “Si è donato per noi, per liberarci dai nostri peccati e fare di noi un popolo nuovo, un popolo ardente nel fare il bene” (Tt 2,14).
Così siamo stati salvati da Cristo e inviati a portare la sua salvezza. È venuto il momento di prendere a cuore la missione che ci ha affidato. Possiamo servire l’immenso desiderio di Cristo, Lui che è venuto perché tutti gli uomini siano salvati. E che abbiano la vita “e l’abbiano in abbondanza”.