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mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 16 Giugno 2024

Domenica 16 Giugno 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 4, 26-34

Seme di senape

Il termine “automatico” è pericoloso per la vita religiosa. Evoca l’idea di un meccanicismo senz’anima e di comoda passività. Eppure, è il termine usato dal Vangelo addirittura come parola di Gesù. Raffronta il Regno di Dio al crescere del seme e sottolinea che la terra produce il frutto da sé, nel testo greco “automaticamente”.

È sorprendente! Siamo abituati a giudicare il frutto dal lavoro umano. A guardar bene, però, l’uomo cura solo gli accessori, ma sulla sostanza del frutto non può assolutamente nulla. Grazie alla sua forza immanente il seme cresce per attività interiore, automaticamente. La Parola di Gesù dice che questa forza cresce irresistibilmente. Il seme sfonda il terreno e la crescita non si arresta mai. L’uomo si prepara a ricevere la Grazia. Può eliminare gli ostacoli.

Può concorrere e collaborare con la Grazia. Grazia significa che Dio è animato verso l’uomo da un senso di benevolenza. Come ogni realtà vitale la Grazia cresce. Questo vale per il Regno di Dio nel mondo. La Chiesa è il principio vitale soprannaturale della società umana. Questo vale per la Chiesa che cresce nelle situazioni più difficili. Il Regno di Dio cresce e migliora di giorno in giorno.

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La coscienza di questo sviluppo automatico dà al critico cristiano della storia mondiale e umana una incredibile superiorità e serenità, perché gli insegna che nella storia agisce una vitalità indipendente, perché divina, da avvenimenti e piani umani e da altre forze dissolvitrici. La parabola ci immette in un ottimismo riposante che non ha nulla a che vedere col meccanicismo, perché la vita non è una macchina montata. Il cammino umano è solo un concorso.

L’attività propriamente detta – lavorare e camminare – la compie Dio. Dio e uomo operano quindi insieme. La parabola del granello di senape vuol sottolineare che dove Dio opera, “poca favilla gran fiamma feconda”. Il granello di senape è così piccolo che appena si scorge sul palmo della mano. Gettato in terra, cresce così in fretta e così maestoso da diventare l’arbusto più grande del giardino, sui cui rami possono poggiarsi gli uccelli.

Dio non ha bisogno di grandi inizi o di strutture perfette. Le sue opere cominciano per lo più da un nonnulla e nel nascondimento; sono poco appariscenti e prive di pubblicità. Ma, poiché sono opere di Dio, si sviluppano incessantemente e mostrano proprio nella sproporzione tra l’inizio e il completamento l’opera delle sue mani.

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Così avviene per la parola di Cristo. Egli dice a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Da queste parole scaturisce la grandezza del pontificato romano. Agli apostoli dice: “Fate questo in memoria di me” e da questo sorge l’albero della Messa. Cristo dice ancora: “Andate in tutto il mondo” e la fonte dirompente di questa Parola diventa la corrente maestosa dell’evangelizzazione in tutti i continenti.

Lo stesso vale per i movimenti all’interno della Chiesa. Dalla solitudine della grotta di Subiaco nasce il mondo benedettino. Dalla veglia d’armi davanti alla Madonna di Monserrato nasce la Compagnia di Gesù; dall’oratorio di Valdocco la grande opera salesiana. Un modestissimo seminarista diventa il Santo Curato d’Ars.

La sconosciuta monaca del Carmelo di Lisieux diventa grande dottore della Chiesa. È sempre la stessa legge dello sviluppo: dal piccolissimo al grandissimo, perché la potenza di Dio non è legata alla grandezza terrena. Chi paragona l’albero di senape magnificamente sviluppato, col granellino di senape, deve renderne gloria a Dio.

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