Quando i discepoli divennero apostoli
In un primo tempo Gesù chiama degli uomini a seguirlo. Marco dice “Ne scelse dodici perché stessero con Lui” e divennero discepoli, cioè si impegnarono a seguire un maestro. Dopo chiamò altri discepoli fino a settantadue. Gli atti degli apostoli chiamano discepoli tutti coloro che seguirono Gesù. Cioè tutti i credenti che aderiscono a Cristo anche se non lo hanno mai incontrato nella sua vita terrena. Il discepolo così diventa l’ideale del cristiano. Colui che mette tutto il suo cuore per realizzare la volontà del Padre, colui che cerca di imitare Gesù e mette la sua gioia nel lasciarsi guidare dallo Spirito.
Il Vangelo ci descrive una seconda tappa: Gesù chiama i dodici e per la prima volta li invia due a due. San Luca è più preciso:” Chiama i suoi discepoli, ne sceglie dodici e gli da il nome di apostoli(Lc 6,13) L’apostolo è come un ambasciatore di Cristo, E’ Cristo stesso che agisce attraverso l’apostolo.
Gesù li manda due a due perché la missione non è un affare personale, non devono essere presi dall’orgoglio per il loro successo. Devono impegnarsi per lasciare un altro agire attraverso di loro. Vanno due a due per rivelare la presenza di un terzo: Cristo Signore.
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I prodigi realizzati da Gesù li realizzano anche gli apostoli: cacciano i demoni, fanno unzione con l’olio e numerosi malati guariscono. Prodigi che sono segni del Regno.
La domanda di non portare niente è una condizione capitale della missione cristiana: La fiducia totale nel maestro della missione. La scrittura ci mostra come una costante La povertà confidente del discepolo.
Gli apostoli affrontano a mani nude la missione immensa che Gesù confida loro : la responsabilità del Vangelo a delle genti ordinarie. La prima lezione per noi: la nostra mediocrità e debolezza delle nostre convinzioni non ci dispensa da essere apostoli. Quando diventano apostoli non cessano di essere discepoli. Inviati in missione , gli apostoli restano fermamente attaccati a Cristo e solidali gli uni con gli altri. La missione prende la sorgente dalla comunione e gli apostoli se ne vanno a vivere e condividere la loro comunione con Cristo. Essi vanno vivendo sulla strada di questa promessa “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Mandati due a due gli apostoli possono realizzare sempre questa esperienza di comunione, vissuta con Cristo. Esperienza da condividere agli altri come ha chiesto Cristo stesso: “Fare discepole tutte le nazioni”. La comunione nutre la missione e la missione porta sempre vantaggio alla comunione.
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Il Concilio Vat. II dice che l’Eucarestia è la sorgente e il vertice dell’evangelizzazione. Ogni celebrazione è un momento privilegiato di comunione con Cristo. Diveniamo così sempre più discepoli di Cristo, uniti a Cristo per vivere veramente come apostoli, cioè inviati da Cristo. L’Eucarestia è sorgente dell’Evangelizzazione e l’evangelizzazione raggiunge il suo vertice nell’Eucarestia.
La legge fondamentale dell’apostolato è l’unione con Cristo. L’attività esteriore è testimonianza di questa comunione nutrita dalla preghiera interiore e dall’Eucarestia. La celebrazione dell’Eucarestia rafforza la nostra unione con Cristo e nello stesso tempo alimenta lo slancio missionario.