mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 13 Novembre 2022

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È un’Apocalisse!

“E’ un’Apocalisse!”. Quante volte lo abbiamo detto in questi ultimi tempi: durante la pandemia, lo scoppio della guerra in Ucraina, la fuga disperata di tanta gente affamata di pane e di libertà dalle loro patrie… “Apocalisse” traduce in immagini i drammi che noi viviamo nella nostra storia, il tempo che si svolge dall’inizio alla fine.

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Il Vangelo di Luca che ci viene proposto questa domenica ci parla di guerre, di rivoluzioni, di terremoti, di epidemie, tutte cose che appartengono alla nostra esperienza. Si tratta del nostro universo. Accendiamo la televisione al momento delle notizie e ci accorgiamo che l’apocalisse è contemporanea. Questo mondo viene messo in prospettiva con la distruzione del tempio, evento storico che tutti possono costatare: è un segno della fine. E i segni della fine li abbiamo sempre dinnanzi.

Liberiamoci dall’idea di catastrofi e prove mandate da Dio. Tutta la Bibbia ci dice che il peccato dell’uomo genera divisioni e lui stesso è divisione. Divisione dell’uomo dalla donna, divisione dell’uomo dall’uomo, divisione dell’uomo con la natura… Divisione che genera lotta e morte, una lotta per dominare. La storia è fatta di questo, ma non per questo dobbiamo rassegnarci. Il conflitto dell’uomo con la natura deve concludersi con il dominio dell’uomo. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra» (Gen 1,26).

Ma il conflitto tra gli esseri umani deve tendere alla riconciliazione. Passiamo dall’apocalisse all’escatologia /fine. Nel nostro mondo non possiamo riprodurre che i segni della riconciliazione: il perdono, gli sforzi per stabilire la pace, il tentativo di ridurre le ingiustizie, l’impegno di dominare, di umanizzare la natura.

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E il parossismo della violenza che viene esercitata principalmente sui messaggeri di pace, su coloro che, in nome di Gesù, vengono ad annunciare la non violenza. È la stessa esperienza di Gesù. Anche nella storia degli uomini che si dicevano o erano discepoli di Gesù si trova che essi stessi hanno esercitato la violenza, “credendo di rendere gloria a Dio”. “Mi hanno odiato senza ragione”. Dopo Cristo, se uno accetta di guardare a lui non può più credere al valore della violenza. Anche se la morte di Gesù è per noi lontana nella storia, anche se rivive nei sacramenti, abbiamo sotto gli occhi il dramma che non finisce e si ricopia: “Ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a me”. La Pasqua si dilata nella totalità dei tempi col suo frutto di resurrezione. Questa è “l’apocalisse”.

La vita è un’apocalisse, una lotta continua tra il bene e il male, una aggressione violenta del male verso il bene che a sua volta deve difendersi con la forza, perché il male non imperversi e distrugga la vita. Sono le guerre, che nella loro assurdità vedono il bene che deve difendersi dal male ed entrare nella tristissima esperienza dello spargimento di sangue e dell’uccisione di innocenti.

Ma verrà nel mondo la pace? Ci risponde il Vaticano II: “Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo” (G. et Sp. 78).

Gesù ci risponde: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. Perseveranza nel credere in mezzo alla violenza umana e cosmica che “neppure un capello del vostro capo perirà”.

La sovrabbondanza del male mette alla prova la nostra fede.

“Vieni, Signore, a giudicare il mondo!” ci fa pregare la chiesa col salmo delle letture, ma non ci stupiamo del silenzio di Dio dinanzi a tanto male, perché sappiamo che Dio rispetta la nostra libertà, quella libertà per cui ci fa essere uomini e ci invita a umanizzarci. Una cosa è certa: la lotta continuerà fino alla fine, ma il male non prevarrà. L’ora di Dio è l’ora della fine, anche se alla fine di un lungo cammino. Per questo siamo invitati a perseverare nella fede fino alla fine.

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