mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 10 Luglio 2022

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Amerai

Il Vangelo di oggi ci invita ad inserirci nel dialogo cominciato dal dottore della legge con Gesù e continuarlo per chiarirci le idee.

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Nessun problema sul primo e massimo comandamento: faceva parte delle preghiere mattutine di ogni buon israelita. Non è un problema conoscere i comandamenti, ma attuarli. Si vede che al dottore della legge non faceva problema il primo (amare Dio), ma il secondo (amare il prossimo). Per questo chiede la spiegazione a Gesù su chi fosse il suo prossimo. Gesù gli risponde con una catechesi degna di lui: la parabola del Buon Samaritano e conclude: “Va’ e anche tu fai lo stesso!”. Non si sa nient’altro del dottore, tanto meno se abbia fatto quello che Gesù gli aveva detto.

Il nostro problema non è conoscere la legge o il catechismo, ma attuarlo nella vita. Il Vangelo non è un libro di lettura, come un romanzo, ma un libro guida, come l’elenco telefonico, come uno spartito musicale, se non li attui, se non li metti in pratica, non servono a nulla.

Facciamo anche noi la stessa domanda a Gesù: qual è l’unico comandamento dei cristiani? “Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze e il prossimo come l’ho amato io, cioè più di te stesso”, questo supera tutti i comandamenti e i profeti.

Ma questo è possibile? Non è un’utopia pensare di essere capaci di amare qualcuno più di se stessi? Neppure la manifestazione più alta dell’amore può garantirci questa possibilità: sono milioni le mamme che abortiscono, eppure l’amore materno è sicuramente la forma più alta di amore. Allora Dio ci ha dato una legge impossibile da attuare e addirittura ci giudicherà alla fine esclusivamente sul modo con cui ci siamo comportati. C’è da dubitare dell’onestà di Dio che impone cose impossibili da attuare?

Il comandamento dell’amore è espresso in due momenti: l’amore di Dio e del prossimo. La fedeltà al primo è la condizione indispensabile per realizzare il secondo. Pensare diversamente è un’utopia. Solo chi si impegna ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze diventa capace di amare il prossimo più di se stesso. Perché?

L’amore di Dio non è un amore egoistico che Dio tiene per sé, ma un amore che ritorna nel cuore dell’amante amplificandolo e rendendolo capace di amare come ama Dio. Amando l’amore infinito diventa infinito anche il nostro amore, liberandolo da ogni forma di egoismo. Scrive un grande Santo, che di umanità se ne intendeva: “Ciò che non è amore per Cristo, è concupiscenza” (Guglielmo da St. Thierry, De contemplando Deo).

A volere essere sinceri fino in fondo ci chiediamo se esistono dei cristiani capaci di amare gli altri più di se stessi. Ebbene Sì! Anzi non delle persone che amano qualcuno che gli capita come capitò al samaritano sulla via di Gerico, ma addirittura persone che hanno fatto della loro vita un atto di amore, sono diventate amore, come diceva Madre Teresa. Ed è proprio Madre Teresa che ha raccolto attorno a sé oltre quattromila donne che ogni giorno (è il loro lavoro!) si mettono gratuitamente a completo servizio dei più poveri dei poveri, offrendo non solo servizio, ma amore e assistenza, raggiungendoli nei loro tuguri, ovviamente senza la televisione appresso.

Sono tante, però, le parabole evangeliche che si vivono nella chiesa, ma che, per fortuna, non si contano come esige il vangelo, come invece avviene per i casi di pedofilia.

Al Cottolengo di Torino visitai in un caldo pomeriggio estivo il reparto dei bambini idrocefali, spettacolo unico, dove delle giovani suore vivevano con loro, dedicando la loro giovane vita a queste creature che neppure le loro famiglie potevano accudire. Tutto questo ci dice che il vangelo non è un’utopia, ma è possibile soltanto se prima di tutto il cuore è pieno di amore di Dio. Madre Teresa ci rivela il segreto della riuscita delle sue suore: “Ogni mattina ciascuna suora deve fare due ore di adorazione davanti all’Eucarestia, perché chi non riconosce Gesù nell’Eucarestia non può riconoscerlo nei poveri.”

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