- Nel vangelo di questa domenica Gesù propone una strana parabola: il padrone d’una vigna assume lavoratori in diversi orari del giorno e addirittura alcuni proprio all’ultimo momento e poi fa consegnare a tutti la stessa paga. Se in un’impresa il proprietario agisse così susciterebbe delle proteste da parte degli altri lavoratori soprattutto da chi fin dal mattino ha dovuto sopportare “il peso della giornata e il caldo”. E forse dovrebbe pure riflettere che l’azienda non potrebbe avere i profitti sperati: si tratta cioè d’una mentalità antieconomica e antisindacale.
A scanso di equivoci, Gesù chiarisce che non si tratta d’una impresa come quelle dove vigono i regolamenti sindacali e la regola della perfetta perequazione economica. E’ anzi qualcosa di radicalmente diverso e la logica che viene usata per trattare gli operai nella vigna del Regno dei cieli è opposta a quella contabile. Del resto il profeta Isaia nella prima lettura ricorda che “i miei pensieri – dice il Signore – non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie”. Siamo veramente in un altro mondo! Solo se si conosce che è Dio il signore di tale simbolica vigna si capisce la logica che egli adopera quando affronta i contestatari:”Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio?
Ecco il punto: Dio è generoso e la sua bontà è senza misura, ma tale generosità suscita incomprensione, invidia e gelosie. Che fare allora se non lasciarsi interpellare dal suo modo di agire e finalmente decidersi ad abbandonare alcune nostre convinzioni? Questa parabola insegna che per essere graditi a Dio non ci si deve angustiare di sommare sacrifici, preghiere e quant’altro allo scopo di guadagnare meriti per il cielo. E’ vero il contrario: più ci si lascia amare da Dio come siamo cercando di seguirlo come possiamo più ci riesce facile comprendere l’apparentemente ingiusto suo modo di agire. In questa vigna infatti non esiste il criterio del merito, ma del dono, non prevale la ricerca del profitto da parte del padrone, ma la generosità gratuita verso gli operai. Tutto ciò non è semplice da accettare se non ci lasciamo prima lavare la mente e il cuore della tenera misericordia di Dio.
- Gesù nella sua costante predicazione insegna che nessuno ha diritti da accampare nel rapporto con Dio perché per quanto ci si sforzi, si resta sempre dei poveri mendicanti di felicità e solamente la tenerezza del suo amore può cambiare il nostro modo di pensare e di agire. Fanno certamente meno fatica a comprenderlo quelli che, dopo un’esperienza difficile e travagliata, incontrano il suo volto misericordioso. Esempio lampante della strategia divina è la vicenda del buon ladrone crocifisso al lato destro di Gesù. L’evangelista Luca lo racconta così: “Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava…ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Lc23,39-43). Un grande apostolo della comunicazione, il vescovo americano Fulton Sheen commenta: questo bandito di cui ignoriamo il nome è morto come un ladro perché finalmente è riuscito a rubare il Cielo. E questa è anche la speranza di ciascuno di noi: Noi possiamo ancora rubare il paradiso. Gesù conferma che “gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”. Quanto grande è stata l’ultima gioia di Gesù quando ha potuto portare con sé in paradiso un pentito dell’ultima ora! Ma cosa avrà pensato il condannato di sinistra vedendo la scena e ascoltando le parole di Gesù?
- Gesù risponde a chi pretenderebbe che il trattamento economico fosse diverso secondo l’entità del lavoro prestato: “Tu sei invidioso perché io sono buono?” Quanti danni fanno l’invidia e la gelosia quando corrompono le relazioni fraterne e amicali che vanno facilmente in frantumi. La domanda di Cristo ci mette in crisi perché la gelosia e l’invidia sono nemici dichiarati dell’armonia e dell’amore e finiscono per diventare vere malattie spirituali o, come scrive un antico monaco vissuto in Egitto, Evagrio Pontico (345-399) “spiriti maligni” contro i quali occorre lottare con pazienza e perseveranza. La Bibbia narra che il peccato di Lucifero fu la gelosia nei confronti dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Nel libro della Sapienza leggiamo infatti: «È per invidia del diavolo che la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza quanti gli appartengono» (2,24).
Per gelosia e invidia Abele venne massacrato dal fratello Caino inaugurando un’infausta catena di omicidi che continua anche oggi. Come pure sempre perché divorato dal tarlo malefico della gelosia Saul tentò di eliminare Davide. Tra i nostri ricordi d’infanzia c’è poi la vicenda fiabesca di Biancaneve e la strega Grimilde che produce la cosiddetta “sindrome di grimilde” quando a causa dell’invidia e gelosia si è presi da un esagerato nervosismo, ansia e perdita di autostima. Tra i peccati capitali – sette per la tradizione occidentale ai quali Evagrio Pontico aggiunge come ottavo, la tristezza – alcuni comportano un certo anche se momentaneo piacere, ma non l’invidia che è un vero veleno dell’anima e del cuore, generatore solamente di un tormento interiore, sofferenza e senso di inferiorità. Può degenerare in una vera dipendenza perché nasce sempre da un confronto esasperato con gli altri; si soffre e ci si inquieta per il loro bene, il loro successo, la loro gioia e felicità e tutto ciò lo si avverte come qualcosa che ci è tolto ingiustamente per cui alla fine subentra una tristezza mista a rabbia che ti rode il fegato e ti fa sentire la vita come un fallimento. Se è facile cadere nelle mani dell’invidia e della gelosia, è invece assai difficile liberarsene.
- Come combattere la gelosia e l’invidia? Non solo in questa pagina evangelica ma in molti altri testi la parola di Dio nell’Antico e nel Nuovo Testamento offre riferimenti alla gelosia e in primo luogo mostra la gelosia di Dio che ci ama e ci domanda di non anteporre niente altro al suo amore. Esiste dunque una sana gelosia che sconfigge quella possessiva e distruttrice della nostra persona. Sperimentando appunto l’amore geloso divino che, come fuoco divoratore, purifica il nostro cuore possiamo sentirci liberati dalla possessività della malvagia ed egoistica gelosia generatrice di un’invidia a sua volta portatrice di complessi autodistruttivi. Sentendosi amati gratuitamente da Lui si è portati a scoprire a nostra volta la bellezza d’un amore che non esige in contraccambio nulla se non la gioia della persona che amiamo. Facciamo dunque ricorso con fiducia nella preghiera allo Spirito Santo perché purifichi e renda puro il nostro amore e ci renda capaci di arrivare ad amare gli altri come Dio ci ama. Il segreto è lasciarsi convertire dalla gelosia dell’amore di Dio che relativizza e guarisce la nostra gelosia. Ma occorre molta pazienza perché il Padre celeste rispetta la libertà dell’uomo e mai la forza. Se però nutriamo veramente fiducia in Lui e cerchiamo con pazienza e perseveranza di vincere quanto in noi si ribella, Dio ci libera e ci guarisce. Nei momenti in cui ci sentiamo tentati dal demone della gelosia e dell’invidia ripetiamo con fiducia l’invocazione più volte ripetuta nell’odierno salmo responsoriale tratto dal salmo 144:” Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero”.
AUTORE: Mons. Giovanni D’Ercole, Vescovo emerito – Pagina Facebook – Sito Web
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