Il commento alle letture del 17 Settembre 2019 a cura di Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).
Ragazzo, dico a te, àlzati!
1 Tm 3,1-13; Sal 100; Lc 7,11-17
Si prenda un chiodo dalle grandi dimensioni e lo si accostati al fuoco. Con esso non si può perforare un legno dal grande spessore. Non è sufficientemente arroventato. Più il chiodo è rovente e più riesce a penetrare nel legno se spinto in esso. Elia è ferro nel fuoco, ma non è fuoco. Ha bisogno di grande lavoro per risuscitare il figlio della vedova che lo ospitava. Essendo però bene arroventato alla fine il figlio è ridato alla madre.
In seguito accadde che il figlio della padrona di casa si ammalò. La sua malattia si aggravò tanto che egli cessò di respirare. Allora lei disse a Elia: «Che cosa c’è tra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?». Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò nella stanza superiore, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore: «Signore, mio Dio, vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: «Signore, mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo». Il Signore ascoltò la voce di Elia; la vita del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elia prese il bambino, lo portò giù nella casa dalla stanza superiore e lo consegnò alla madre. Elia disse: «Guarda! Tuo figlio vive». La donna disse a Elia: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità» (1Re 17,17-24).
Giezi è ferro appena accostato al fuoco del profeta, ma nulla può per far ritornare la vita nel bambino. Eliseo è arroventato, ma meno di Elia. Il suo lavoro è superiore a quello richiesto ad Elia. Più si è arroventati nel fuoco divino e più si possono fare le opere di Dio. Si esce dal suo fuoco, nessuna opera del Signore potrà essere fatta.
Eliseo disse a Giezi: «Cingi i tuoi fianchi, prendi in mano il mio bastone e parti. Se incontrerai qualcuno, non salutarlo; se qualcuno ti saluta, non rispondergli. Metterai il mio bastone sulla faccia del ragazzo». La madre del ragazzo disse: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita, non ti lascerò». Allora egli si alzò e la seguì. Giezi li aveva preceduti; aveva posto il bastone sulla faccia del ragazzo, ma non c’era stata voce né reazione. Egli tornò incontro a Eliseo e gli riferì: «Il ragazzo non si è svegliato». Eliseo entrò in casa. Il ragazzo era morto, coricato sul letto. Egli entrò, chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore. Quindi salì e si coricò sul bambino; pose la bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le mani sulle mani di lui, si curvò su di lui e il corpo del bambino riprese calore. Quindi desistette e si mise a camminare qua e là per la casa; poi salì e si curvò su di lui. Il ragazzo starnutì sette volte, poi aprì gli occhi. Eliseo chiamò Giezi e gli disse: «Chiama questa Sunammita!». La chiamò e, quando lei gli giunse vicino, le disse: «Prendi tuo figlio!». Quella entrò, cadde ai piedi di lui, si prostrò a terra, prese il figlio e uscì (2Re 4,29-37).
Gesù, poiché è vera natura divina, è fuoco d’amore eterno e di divina compassione come è il Padre suo e lo Spirito Santo, e in quanto natura umana partecipa in modo del tutto speciale della natura di fuoco che è Dio. Vi partecipa non per natura. La natura umana ha le sue proprietà e la natura divina le sue. Vi partecipa per obbedienza purissima. Il Padre per la perfetta obbedienza concede alla natura umana di godere del suo fuoco. Infatti, non appena tocca il bambino, questo risuscita. Questo evento deve rivelarci che Gesù è infinitamente oltre Elia e oltre Eliseo e per gli altri miracoli anche infinitamente oltre Mosè. Un piccolo dettaglio rivela la grandezza di Gesù.
In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Quanti sono presenti vedono quanto è accaduto e riconoscono che un grande profeta è in mezzo a loro. Confessano che Dio ha visitato il suo popolo. Dal segno alla fede!
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano dia al mondo segni di verità e fede.