Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 7 Febbraio 2022

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LUNEDÌ 07 FEBBRAIO – QUINTA SETTIMANA DEL T.O. [C]

E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Nell’Antico Testamento vi sono solo due miracoli compiuti per contatto fisico, contatto da corpo a corpo. Il primo è compiuto da Elia e il secondo da Eliseo. È scritto nel Primo Libro dei re: “In seguito accadde che il figlio della padrona di casa si ammalò. La sua malattia si aggravò tanto che egli cessò di respirare. Allora lei disse a Elia: «Che cosa c’è tra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?». Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò nella stanza superiore, dove abitava, e lo stese sul letto.

Quindi invocò il Signore: «Signore, mio Dio, vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: «Signore, mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo». Il Signore ascoltò la voce di Elia; la vita del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elia prese il bambino, lo portò giù nella casa dalla stanza superiore e lo consegnò alla madre. Elia disse: «Guarda! Tuo figlio vive». La donna disse a Elia: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità» (1Re 17,17-24).

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E scritto nel Secondo Libro dei Re: “Eliseo disse a Giezi: «Cingi i tuoi fianchi, prendi in mano il mio bastone e parti. Se incontrerai qualcuno, non salutarlo; se qualcuno ti saluta, non rispondergli. Metterai il mio bastone sulla faccia del ragazzo». La madre del ragazzo disse: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita, non ti lascerò». Allora egli si alzò e la seguì. Giezi li aveva preceduti; aveva posto il bastone sulla faccia del ragazzo, ma non c’era stata voce né reazione. Egli tornò incontro a Eliseo e gli riferì: «Il ragazzo non si è svegliato». Eliseo entrò in casa. Il ragazzo era morto, coricato sul letto. Egli entrò, chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore. Quindi salì e si coricò sul bambino; pose la bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le mani sulle mani di lui, si curvò su di lui e il corpo del bambino riprese calore. Quindi desistette e si mise a camminare qua e là per la casa; poi salì e si curvò su di lui. Il ragazzo starnutì sette volte, poi aprì gli occhi. Eliseo chiamò Giezi e gli disse: «Chiama questa Sunammita!». La chiamò e, quando lei gli giunse vicino, le disse: «Prendi tuo figlio!». Quella entrò, cadde ai piedi di lui, si prostrò a terra, prese il figlio e uscì (2Re 4,28-37).

Un terzo miracolo, anch’esso di risurrezione, è compiuto dal sepolcro di Eliseo: “Eliseo morì e lo seppellirono. Nell’anno successivo alcune bande di Moab penetrarono nella terra. Mentre seppellivano un uomo, alcuni, visto un gruppo di razziatori, gettarono quell’uomo sul sepolcro di Eliseo e se ne andarono. L’uomo, venuto a contatto con le ossa di Eliseo, riacquistò la vita e si alzò sui suoi piedi (2Re 13,20-21).

Tranne che nell’ultimo miracolo, negli altri due si deve notare una “certa fatica”, “quasi un lavoro” da parte di Elia e di Eliseo nel riportare in vita i due bambini. In Gesù invece nessuna fatica, nessun lavoro. Al solo contatto, anche fugace, ogni malattia scompare e da ogni sofferenza del corpo si veniva guariti. Ecco una profezia di Gesù su coloro che credono in Lui: “In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.

Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Gv 14,12-14). Sappiamo che questa profezia si è compiuta in Pietro dopo la discesa su di lui dello Spirito Santo. Pietro guariva anche sfiorando qualcuno con la sua ombra: “Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti” (At 5,12-16). La modalità di Cristo Gesù e anche degli Apostoli di compiere miracoli rivela quanto infinitamente superiore è la grazia del Nuovo Testamento in relazione all’Antico. Nel Nuovo Testamento Cristo è Dio, e opera con tutta l’Onnipotenza del Padre.

LEGGIAMO IL TESTO DI Mc 6,53-56

I Maghi d’Egitto, vedendo Mosè operare, dissero al faraone: “Qui c’è il dito di Dio”. Vedendo noi Gesù operare dobbiamo confessare al mondo intero: “Qui c’è Dio”. Qui c’è tutto Dio che opera con la sua divina onnipotenza. Ogni miracolo di Gesù deve condurci a questa purissima confessione di fede: “Le opere di Gesù sono opere di Dio”. Madre di Gesù, prega per noi.