«In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Il Vangelo offerto oggi alla nostra riflessione e meditazione, si compone di due immagini il cui contrasto è forte e assai evidente.
Prima immagine, quella degli scribi. La loro religione non è il culto di Dio, ma di se stessi. Possiamo affermare che queste persone tutto facevano per la loro effimera, meschina, insignificante gloria: “Amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti”.
Essi hanno tolto Dio dal suo trono di gloria e al suo posto hanno innalzato le loro persone. Questa però è solo una parte dell’immagine. Poi vi è la seconda che è ancora più inquietante: “Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere”. In questa seconda parte dell’immagine vi è un gravissimo peccato di ingiustizia commesso ai danni delle persone più fragili, perché sole, senza il marito. Queste persone fragili e sole sono le vedove. È questo peccato che rivela che Dio è assente dal loro cuore.
Leggiamo nel Vangelo secondo Luca: “Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole. La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi. E più facile che passino il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge” (Lc 16,9-17).
Sull’attaccamento al denaro ecco cosa rivela lo Spirito Santo per bocca dell’Apostolo Paolo: “Certo, la religione è un grande guadagno, purché sappiamo accontentarci! Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti. Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni. Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile: nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo. A lui onore e potenza per sempre. Amen.
A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina di non essere orgogliosi, di non porre la speranza nell’instabilità delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché possiamo goderne. Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera (1Tm 6, 6-19). È tristissima la religione degli scribi. In questa religione Dio e l’uomo sono privati della loro dignità e usati a servizio di una gloria vana, inutile, che dura solo un istante che è più breve della durata di un baleno.
LEGGIAMO IL TESTO DI Mc 12,38-44
Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
La seconda immagine si compone di una vedova povera, assai povera. Questa si presenta dinanzi al tesoro del tempio e vi getta due monetine. Letto questo gesto con gli occhi della carne, due monetine sono un’offerta insignificante, dinanzi alle offerte dei molti ricchi che passavano e anche loro gettavano le loro molte monete. Letto però con gli occhi dello Spirito Santo, tutto cambia. Questa donna ha gettato nel tesoro tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere.
Questa donna può gettare nel tesoro del tempio tutto quanto aveva per vivere, perché la fede che governa il suo cuore è grande. Lei sa chi è il suo Dio: il perenne Creatore della sua vita, la sua ininterrotta Provvidenza. Oggi il Signore le ha dato due monetine perché lei le gettasse nel tesoro ed essa obbedisce. Le monetine non sono sue, ma del Signore. Nello Spirito Santo che vive nel suo cuore lei si sente mossa per obbedire al Padre celeste ed essa obbedisce. Nulla aveva prima. Nulla ha dopo. Prima e dopo ha però il suo Creatore, la sua Provvidenza, ha colui che dona il pane ai suoi amici nel sonno: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella. Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto egli lo darà nel sonno. Ecco, eredità del Signore sono i figli, è sua ricompensa il frutto del grembo. Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra: non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici (Sal 127,1-5). La vedova povera sa che la sorgente della sua vita è il Padre suo.
Gesù è l’uomo che non ha nulla da offrire al Padre. Ha solo il suo corpo. Il Padre glielo ha dato perché Lui glielo offra e Lui glielo dona tutto, senza tenere per sé neanche una molecole di pensiero, di volontà, di cuore, di anima: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre” (Eb 10,5-10).
La Madre di Gesù ci aiuti affinché anche noi facciamo a Dio, in Cristo, mossi dallo Spirito Santo, l’offerta del nostro corpo. Amen.
Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.