Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 31 Gennaio 2020

Il commento alle letture del 31 gennaio 2020 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Come, egli stesso non lo sa

VENERDÌ 31 GENNAIO (Mc 4,26-34)

Per comprendere quanto Gesù insegna ai suoi discepoli attraverso il seme che viene gettato nel terreno e poi lentamente prima spunta, poi cresce, poi matura, poi miete e si raccoglie il frutto per trasformarlo in pane, necessariamente dobbiamo lasciarci aiutare dal Vangelo secondo Giovanni: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà” (Gv 12,23-26). Il Padre è colui che getta il suo seme, Cristo Gesù, nel campo del mondo. Gesù cade in terra, muore, spunta come nuovo seme di vita eterna e produce molti frutti di conversione e di salvezza. Cristo Gesù fisicamente muore, fisicamente risorge con un corpo spirituale, glorioso, incorruttibile, immortale.

Gesù getta nel campo del mondo i suoi Apostoli. Anche loro, come il Maestro, devono morire a se stessi, se vogliono produrre frutti di vita eterna. Ogni giorno devono consumarsi in un olocausto spirituale, in un sacrificio che chiede la rinunzia alla loro volontà. Poi, se è volontà del Padre, passeranno anche per la morte fisica, per la testimonianza resa a Cristo Gesù con il proprio sangue. San Paolo vede la sua vita come una quotidiana morte per il Vangelo: “E perché noi ci esponiamo continuamente al pericolo? Ogni giorno io vado incontro alla morte, come è vero che voi, fratelli, siete il mio vanto in Cristo Gesù, nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe?” (1Cor 15,30-32). La prima morte di chi vuole produrre frutti per il regno di Dio è quella al peccato, al vizio, alla trasgressione dei Comandamenti. La seconda morte è quella alla propria volontà. Cristo Gesù mai ha conosciuto una sola trasgressione veniale e mai è stato dalla sua volontà neanche spinto dalla carità o dalla compassione. Era sempre lo Spirito del Signore che lo muoveva a compassione e a pietà secondo la volontà del Padre suo. La terza morte è non risparmiarsi in nulla per essere luce del mondo e sale della terra. Anche questa terza morte San Paolo viveva quotidianamente: “Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio” (At 20,26-27). La quarta morte è quella del martirio per Cristo, sigillo sulle prime tre morti.

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Ogni discepolo di Gesù, se vuole produrre frutti per il regno di Dio, deve lasciarsi ogni giorno gettare da Cristo Gesù nel cuore del Padre per essere coltivato dallo Spirito Santo. La sua vita deve essere consegnata al Figlio, perché il Figlio la consegni al Padre, perché il Padre la consegni allo Spirito Santo. Se il cristiano manca di questa quotidiana consegna a Cristo, Gesù non può consegnare al Padre e il Padre non può affidare allo Spirito Santo. Subito il cristiano rimane chicco di grano solo. Non è nella comunione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Mai potrà produrre un solo frutto di vita eterna. La via per consegnarci interamente a Cristo sono l’Eucaristia e la Penitenza devotamente celebrate. Ci si nutre di Cristo per vivere per Cristo. Ci si libera da ogni macchia di peccato con volontà ferma di essere ad immagine di Gesù.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia questo seme di vita eterna.

Fonte@MonsDiBruno

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