Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2021

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«Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?».

La patria di Gesù è Nazaret. A Nazaret entra nella sinagoga e si mette ad insegnare. Sappiamo che questa dell’insegnamento nella sinagoga di Nazaret era una consuetudine di Gesù Signore. Di sabato Gesù frequentava la sinagoga e sempre prendeva la parola per insegnare loro la verità di quanto veniva letto. Dinanzi all’insegnamento di Gesù quella gente rimane stupita e dice: “Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?”. La gente conosce le sue umili origini, la sua povertà, sa che non ha frequentato nessuna scuola di rabbini. La gente vede Gesù secondo le apparenze, non lo vede nella pienezza della sua essenza e della sua verità. Per avere la giusta visione occorre una grazia particolare: la luce dello Spirito Santo. Questa luce si chiede sempre. Tutti possiamo essere ingannati dalle apparenze. Questo inganno potrebbe indurci a non giudicare secondo verità, a non discernere in pienezza di sapienza e di rivelazione. Per non cadere in questo giudizio secondo le apparenze è necessaria la grazia di Dio. Questa grazia deve essere sempre richiesta. Questa grazia si chiede sempre nella grande umiltà del cuore e della mente. Chi si fida solo dei suoi occhi e della sua mente, mai chiederà questa grazia, sempre giudicherà secondo le apparenze.

Gesù ha un carpentiere come padre. Cosa potrà mai venire di grande da un figlio di carpentiere? Essi ignoravano che il carpentiere era figlio di Davide. Anche i parenti di Gesù erano di condizione assai umile. Essi ignorano che Dio si serve proprio dell’umiltà per fare grandi cose. Il giudizio secondo apparenza è sempre un frutto di una grande ignoranza: ignoranza di Dio e degli uomini, della storia e delle cose in sé. Il giudizio secondo apparenza è segno di grande superbia che governa il cuore degli uomini. Assieme alla superbia c’è anche la presunzione e soprattutto la chiusura del cuore alla manifestazione di Dio. Il cuore umile sa sempre riconoscere il Signore in ogni sua più piccola manifestazione. Questo cuore umile, puro, semplice, capace di vedere Dio, dobbiamo sempre chiedere al Signore. La preghiera deve essere costante, quotidiana, senza interruzione. È facile cadere nel giudizio secondo le apparenze, perché è facile cadere nella seduzione di satana.

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Lo scandalo è vera non fede nella persona di Gesù, nelle sue opere, nella sua missione. Questo scandalo non nasce da un qualcosa di male che Gesù ha fatto dinanzi a loro o nei loro riguardi. Questo scandalo nasce dai loro preconcetti, dai loro pensieri non educati alla verità, dal loro cuore chiuso all’umiltà. Questo scandalo è sulla Persona e sulla missione di Cristo Gesù. A causa dell’umiltà delle origini di Gesù, loro dalle opere buone e sante non giungono alla bontà e alla santità della sua persona e della sua missione. Quando la bontà dell’opera è vera, incontrovertibile, santa, pura, gratuita, compassionevole, giusta, allora dall’opera si può sempre giungere alla verità della persona e della sua missione. Chi si scandalizza, attesta che il suo cuore è impuro e la sua mente superba, i suoi pensieri errati, la sua volontà debole e inferma. Uno non è profeta per discendenza secondo la carne o il sangue. Uno è profeta perché lo Spirito Santo si posa sopra di lui e lo costituisce profeta in mezzo al popolo del Signore. L’origine della vera profezia non è mai umana. Essa non è mai frutto di una scuola.  La vera profezia discende sempre dall’alto, da Dio, dal suo Santo Spirito, dai Cieli. È nel cielo il luogo della profezia e della grazia dei miracoli, non sulla terra. Per il cielo non c’è distinzione né di uomini e né di donne, né di ricchi e né di poveri, né di persone altolocate né di umile condizione, né di professionisti, né di operai, o contadini. Il Cielo sceglie chi vuole, quando vuole, dove vuole, in mezzo a chi vuole.

LEGGIAMO IL TESTO DI Mt 13,54-58

Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Dinanzi all’incredulità Gesù si ferma. Si ferma per una ragione assai semplice: l’uomo è uno. Dall’unità dell’uomo l’unità della sua verità e della sua opera. Nessuno che sia saggio di mente potrà mai separare questo mistero di unità: la persona dall’opera. Opera e persona sono inseparabili, come inseparabili sono persona e missione. Chi non crede nella Persona e nella missione della Persona, come fa a credere nelle opere, se le opere sono la via perché si creda nella verità della Persona e della missione? Se si vogliono le opere, le si vogliono per se stesse. Ma le opere non sono mai per se stesse, sono sempre il frutto di una persona e di una missione. Chi vuole le opere deve volere la Persona e la sua missione in una unità inseparabile e inscindibile. Ma anche chi dona le opere, deve donarle nell’unità inscindibile della missione della persona. Quando questa unità è rotta, Gesù si astiene dal fare i miracoli. Fa i miracoli a quei pochi che accolgono e vivono il mistero di questa unità. È questo uno dei più grandi errori che oggi si sta consumando nella Chiesa. Si vuole l’opera sociale, caritativa, umana della Chiesa. Non si vuole la Chiesa nel suo mistero e nella sua missione, nella sua essenza soprannaturale e nella sua missione di verità. È questo lo scandalo di ieri verso Cristo Gesù. È questo lo scandalo di oggi verso la Chiesa, verso gli uomini della Chiesa. A noi il dovere di non lasciarci trascinare in questo errore. Gesù non si fece mai trascinare. Mai Egli separò il miracolo dalla fede nella sua Persona e nella sua missione. Oggi regna molta incredulità strisciante sul mistero della Chiesa, eppure si vuole l’opera umana della Chiesa.  Vigilare a che questo non accada è nostra responsabilità, nostro dovere di più grande giustizia. Noi non siamo stati mandati per fare miracoli. Siamo stati mandati per salvare l’uomo e l’uomo si salva in un solo modo: con il dono della grazia e della verità. Unità inscindibile e inseparabile tra persona, missione, opere: Mai si deve separare l’opera dalla persona, mai la missione dall’opera e dalla persona. Questa unità deve rimanere sempre inscindibile. Chi deve vigilare a che questa unità mai venga sgretolata è colui che ha ricevuto la missione e al quale l’opera è stata comandata. Rimanendo lui nella perfetta obbedienza al suo Signore, questa unità produrrà buoni frutti in ogni uomo di buona volontà.  Lo scandalo nasce da una forte assenza di vera fede nel cuore: Ogni opera di Dio non si compie per virtù della natura, della stirpe, del lignaggio, dell’educazione, della formazione, della scuola, dei maestri umani. Si compie per dono dall’Alto, dal Cielo, da Dio. Se è da Dio e non dalla natura, ogni natura, ogni persona può essere costituita dal Signore suo tramite per manifestare la sua gloria, la sua volontà, le sue opere. Quelli di Nazaret si scandalizzano dell’umiltà umana e terrena di Cristo Gesù. Questo scandalo riesce a contagiare quasi un’intera città. Questo contagio dobbiamo sempre evitare che prenda la nostra vita e la conduca fuori della verità di Dio. 

L’incredulità chiude la porta ai miracoli: Il miracolo è segno che nasce dalla fede e conduce ad una fede più grande. L’incredulità priva il miracolo della sua vera, divina finalità. Senza vera finalità diviene inutile compiere il miracolo. Per questo Gesù a Nazaret può fare pochi miracoli, perché poche sono le persone che si aprono alla fede in Lui.  Si diventa indegni di ricevere il dono di Dio quando si cade nel peccato contro lo Spirito Santo e quando il nostro cuore, duro come pietra, è ostile a Dio e agli inviati di Dio. Poiché noi non sappiamo chi è degno e chi è indegno, dobbiamo agire alla stessa maniera di Cristo Gesù: dare il dono di Dio sempre con somma prudenza. La prudenza è la giusta regola, la regola perenne del buon missionario di Cristo Gesù: “Siate semplici come le colombe, ma prudenti ed accorti, saggi e sapienti come i serpenti”. Madre della Sapienza, insegnaci le sante virtù necessarie per la nostra missione.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.