GIOVEDÌ 30 DICEMBRE – OTTAVA DI NATALE [C]
Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Anna è profetessa. Anche sopra di Lei si è posato lo Spirito Santo. Anche lei sopraggiunge in quel momento nel tempio e si mette a lodare il Signore. Loda il Signore parlando del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Gesù è presentato da Anna come il Redentore di Gerusalemme, il suo Liberatore. Sappiamo la verità secondo Dio da dare a questa parola “redenzione”, “liberazione”. Non si tratta di redenzione o di liberazione politica, militare, liberazione dallo straniero occupante, bensì di liberazione dal peccato, dall’ignoranza, dalla non vera e non santa conoscenza di Dio, del vero Dio. Quanto avviene nel tempio è semplicemente sconvolgente. Vi è totale assenza del mondo ufficiale, di coloro che erano i maestri, i sacerdoti, i santi del tempo. Questo mondo è pieno di se stesso. Questo mondo non ha bisogno di attendere nessun Messia. Questo mondo è senza attesa e quindi senza speranza. Chi non ha la speranza nel cuore, perché privo di ogni attesa vera, quale speranza può infondere in altri cuori?
Di queste donne che consacrano la loro vita al Signore, il Signore si serve per cantare le sue meraviglie e anche per compiere le sue opere. Modello di queste donne è senz’altro Giuditta. Ecco come lei riporta la fede nel Dio dei Padri nei capi della sua città: “Vennero da lei ed ella disse loro: «Ascoltatemi, capi dei cittadini di Betùlia. Non è un discorso giusto quello che oggi avete tenuto al popolo, e quel giuramento che avete pronunciato e interposto tra voi e Dio, di mettere la città in mano ai nostri nemici, se nel frattempo il Signore non verrà in vostro aiuto. Chi siete voi dunque che avete tentato Dio in questo giorno e vi siete posti al di sopra di lui in mezzo ai figli degli uomini? Certo, voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente, ma non comprenderete niente, né ora né mai. Se non siete capaci di scrutare il profondo del cuore dell’uomo né di afferrare i pensieri della sua mente, come potrete scrutare il Signore, che ha fatto tutte queste cose, e conoscere i suoi pensieri e comprendere i suoi disegni? No, fratelli, non provocate l’ira del Signore, nostro Dio. Se non vorrà aiutarci in questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole o anche di farci distruggere dai nostri nemici. E voi non pretendete di ipotecare i piani del Signore, nostro Dio, perché Dio non è come un uomo a cui si possano fare minacce, né un figlio d’uomo su cui si possano esercitare pressioni. Perciò attendiamo fiduciosi la salvezza che viene da lui, supplichiamolo che venga in nostro aiuto e ascolterà il nostro grido, se a lui piacerà. In realtà in questa nostra generazione non c’è mai stata né esiste oggi una tribù o famiglia o popolo o città tra noi, che adori gli dèi fatti da mano d’uomo, come è avvenuto nei tempi passati, ed è per questo che i nostri padri furono abbandonati alla spada e alla devastazione e caddero rovinosamente davanti ai loro nemici. Noi invece non riconosciamo altro Dio fuori di lui, e per questo speriamo che egli non trascurerà noi e neppure la nostra nazione. Perché se noi saremo presi, resterà presa anche tutta la Giudea e saranno saccheggiate le nostre cose sante e Dio ci chiederà conto col nostro sangue di quella profanazione. L’uccisione dei nostri fratelli, l’asservimento della patria, la devastazione della nostra eredità Dio le farà ricadere sul nostro capo in mezzo ai popoli tra i quali saremo schiavi, e saremo così motivo di scandalo e di disprezzo di fronte ai nostri padroni. La nostra schiavitù non ci procurerà alcun favore; il Signore, nostro Dio, la volgerà a nostro disonore.
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Dunque, fratelli, dimostriamo ai nostri fratelli che la loro vita dipende da noi, che le nostre cose sante, il tempio e l’altare, poggiano su di noi. Per tutti questi motivi ringraziamo il Signore, nostro Dio, che ci mette alla prova, come ha già fatto con i nostri padri. Ricordatevi quanto ha fatto con Abramo, quali prove ha fatto passare a Isacco e quanto è avvenuto a Giacobbe in Mesopotamia di Siria, quando pascolava le greggi di Làbano, suo zio materno. Certo, come ha passato al crogiuolo costoro con il solo scopo di saggiare il loro cuore, così ora non vuol fare vendetta di noi, ma è a scopo di correzione che il Signore castiga quelli che gli stanno vicino» (Gdt 8,11-27).
LEGGIAMO IL TESTO DI Lc 2,36-40
Maria e Giuseppe nel tempio di Gerusalemme adempiono tutta la Legge del Signore. Quanto essa prescriveva da loro è osservato in pienezza di obbedienza e di sottomissione. La famiglia di Nazaret è una famiglia che vive secondo la Legge, nella Legge, con una adesione non solo formale, bensì di tutto il cuore. La legge è volontà di Dio. La volontà di Dio va adempiuta amandola. Solo chi ama la volontà di Dio la adempie con spirito di vera obbedienza. Obbedienza e amore devono essere una cosa sola nell’adempimento della Legge del Signore. Ora che tutto è stato adempiuto secondo la Legge di Dio possono ritornare a casa.
Gesù, Maria e Giuseppe fanno ritorno in Galilea, nella loro città di Nazaret. Il testo non ci dice se loro siano rimasti in Giudea fino al quarantesimo giorno, o se subito dopo la nascita siano tornati a Nazaret. Ciò che il testo non dice è giusto che non sia detto e rimanga un segreto. Né si deve pensare di cercare di trovare una concordanza con quanto afferma Matteo, perché il Vangelo secondo Matteo ha tutt’altra prospettiva teologica e cristologica. La prospettiva di Luca e quella di Matteo sono totalmente differenti, perché differente è la verità che si vuole insegnare e differenti sono anche le vie attraverso cui la verità viene insegnata. La bellezza del Vangelo è proprio questa: la diversità nulla toglie alla verità, la rende invece verità piena, ma senza alcuna possibilità di concordanza. La diversità in Dio è unità e l’unità diversità.
Il bambino è vero bambino. L’umanità vera umanità. Qual è l’essenza della vera umanità? La sua crescita, il suo sviluppo, la sua fortificazione. Quella di Gesù è vera vita umana, perché vera carne, vero spirito, vera anima. Gesù cresce e si fortifica pieno di sapienza. La pienezza di sapienza è proporzionata alla sua crescita umana. Gesù è stato sempre pieno di sapienza. All’età di sei anni era pieno di sapienza per quanto un bambino di sei anni ne può contenere. Anche all’età di trent’anni Gesù è pieno di sapienza. La differenza è però immane, grandissima. A trent’anni la pienezza della sapienza ha raggiunto il suo culmine, ma non ancora la perfezione, che è raggiunta solo al momento della morte in croce. Gesù è guidato perennemente dalla grazia di Dio che è sopra di Lui allo stesso modo che la tenda di luce e la nube erano sempre sopra Israele nel suo cammino nel deserto verso la terra promessa.
Mai un solo istante la grazia ha abbandonato Gesù. Mai un solo istante Gesù ha abbandonato di seguire la grazia. La grazia lo guidava e Gesù si lasciava guidare. La grazia lo custodiva e Gesù si lasciava custodire. La grazia lo chiamava e Gesù si lasciava chiamare. La grazia lo spingeva e Gesù si lasciava spingere. Gesù e la grazia sono una cosa sola, sempre, in ogni istante. È in ragione della grazia che era sopra di Lui che Gesù era sempre pieno di sapienza. Gesù sapeva sempre discernere il bene dal male. Gesù respingeva sempre il male e faceva sempre il bene. Cosa è infatti la sapienza? Sono le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Gesù era perennemente guidato da queste quattro virtù. Gesù è vero uomo. Vive da vero uomo. Vive da vero uomo perché immerso nella grazia di Dio e nella pienezza della divina sapienza. La Madre di Gesù ci faccia veri profeti del Figlio suo. Canteremo al mondo la sua verità, senza tradirla neanche in un solo iota. Amen.