Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 3 Novembre 2021

599

«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

Gesù detta le regole del vero discepolato. “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Questa Parola di Gesù si può tradurre con questa proposizione: “Tu, uomo, tu, donna, vuoi venire dietro a Me? Devi fare della mia Parola la tua unica e sola Legge”. Le altre parole vengono dopo, o non vengono affatto. Possiamo anche dire: padre, madre, moglie, figli, fratelli, sorelle, la propria vita vanno amati secondo la mia Parola, dalla mia Parola. Tutto ciò che contrasta o pone in secondo piano la Parola, va cancellato dalla mente e dal cuore. A volte la Parola di Gesù comanda anche il totale distacco dal padre e dalla madre e anche dalla propria vita perché chiamati per la missione evangelizzatrice. Si lascia tutto per obbedire a Cristo Gesù. Gesù dodicenne non disse alla Madre: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io debbo fare la volontà del Padre mio?”. Dinanzi alla volontà di Dio per Gesù non ci sono volontà umane. Così deve essere per il discepolo di Gesù.

La croce del cristiano è una sola: obbedire al Vangelo e nell’obbedienza al Vangelo obbedire alla Parola del Padre, alla grazia e ai carismi dello Spirito Santo, alla nuova conformazione a Cristo che viene da ogni sacramento. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Non si è discepoli di Gesù solo per sacramenti ricevuti, così come non si va nel regno dei cieli perché riceviamo i sacramenti. Si è discepoli di Gesù perché camminando dietro Gesù, siamo in perenne obbedienza alla volontà di Dio e alla mozione dello Spirito Santo. Cristo è l’Obbediente fino alla morte di croce al Padre e allo Spirito, è il Discepolo del Padre e dello Spirito. Il cristiano deve camminare dietro di Cristo, essere obbediente al suo Vangelo, al Padre e allo Spirito Santo. Così diviene discepolo di Cristo, che ne fa un discepolo del Padre e dello Spirito Santo. Regola eterna.

- Pubblicità -

Il buon futuro è sempre frutto di un presente vissuto nella saggezza e nell’intelligenza dello Spirito Santo. Un presente vissuto da stolti produce un futuro stolto. Oggi vi è molta stoltezza nel presente. Sarà stolto anche il futuro. Un presente vissuto nei vizi non può creare il futuro frutto delle virtù. Pensarlo è solo insipienza e stoltezza. Si vive il presente nelle virtù e anche il futuro sarà vissuto nelle virtù. Un tempo si diceva: talis vita, finis ita. “Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine?”. Si vuole costruire una torre. Quanto denaro si possiede? Quanti mezzi si hanno a disposizione? Quanti uomini? Se il denaro è insufficiente, i mezzi scarsi, gli operai neanche sono disponibili, sarebbe da stolti iniziare la costruzione. Non si inizia un lavoro per lasciarlo iniziato o solo a metà. Il lavoro si inizia e si porta a compimento. Sapienza perfetta.

Perché si deve valutare ogni cosa prima di iniziare? “Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo”. La derisione è causata dalla sua stoltezza. Solo da essa. Sappiamo che Gesù veniva spesso deriso, ma non perché avesse agito con stoltezza, ma per somma e divina sapienza. La somma e divina sapienza è stoltezza per la stoltezza. Mentre per la stoltezza, la stoltezza è sapienza. Per lo stolto iniziare e non finire è indifferente. Infatti gli stolti iniziano e mai portano qualcosa a compimento. Per il saggio invece iniziare è finire. Il saggio inizia bene e finisce bene, anzi inizia bene e finisce nel meglio e nell’ottimo. Quando il lavoro è fatto male, la derisione è frutto della nostra stoltezza. Quando invece l’opera è ben fatta secondo Dio, allora tutto il mondo può anche deriderci e disprezzarci, ma la sua derisione è frutto solo della stoltezza.

LEGGIAMO IL TESTO DI Lc 14,25-33

Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Viene ora rivelato il motivo, la causa della derisione: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Urge operare una chiara netta distinzione tra impossibilità antecedenti e impossibilità susseguenti. Le impossibilità antecedenti sono quelle verificabili e constatabili prima di iniziare un’opera, un cammino. Se queste impossibilità non sono superabili per natura e per altro motivo di ordine antropologico o storico o di altro genere, l’opera non deve essere iniziata e nemmeno il cammino intrapreso. Essa mai potrà riuscire.  Mancano le reali possibilità. Non si può edificare una casa senza operai o anche senza materiale o senza un’ottima copertura economica. Le impossibilità antecedenti vanno seriamente esaminate, valutate, pesate.

Se esse non possono essere eliminate, il non iniziare è obbligo. Esaminate le impossibilità antecedenti e tolte le cause che le ponevano in essere, si inizia l’opera, si intraprende un cammino. Sappiamo cosa fare e come farla.  Anche in questo caso dobbiamo operare una seconda sottile distinzione. Essa rivela la nostra vera responsabilità. La sottile distinzione da operare è la seguente: si devono conoscere le impossibilità per cause a noi non dovute. Si devono separare dalle impossibilità per cause da noi poste in essere. Delle prime non si è responsabili. Non sono da noi. Vengono dal di fuori di noi. Ma ancora non siamo liberati dalla totale e piena responsabilità. Di queste impossibilità che vengono fuori da noi, a noi spetta la responsabilità di trovare una via di sapienza, intelligenza, consiglio nello Spirito Santo al fine di trasformarle in possibilità.

Ora Gesù dona la regola ai suoi discepoli, se vogliono perseverare sino alla fine. Non si è discepoli per un giorno e neanche per un anno. Si è discepoli dall’inizio alla fine, perseverando ogni giorno nel cammino dietro Gesù. “Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Queste parole di Gesù necessariamente dovranno essere lette con tanta sapienza di Spirito Santo. Il rischio di alterarle è altissimo. Prima di ogni cosa discepolo è l’Apostolo, colui che il Signore manderà nel mondo a predicare il Vangelo ad ogni creatura. L’Apostolo deve essere libero da ogni legame con la realtà di questo mondo. Deve essere libero in tutto. Libero dalle cose, dal padre, dalla madre, dai fratelli, dalla sorella, dalla moglie. Niente dovrà ostacolare in lui l’annunzio del Vangelo. San Paolo propone questa libertà anche per chi vuole dedicarsi al regno con tutto se stesso.

Se il discepolo è ogni battezzato, la sua libertà deve essere prima di tutto del cuore, della mente, dello spirito. A nulla deve attaccare il cuore. Poi è chiamato a mettere a frutto ogni talento ricevuto, ma per il bene di ogni uomo. Come i beni spirituali sono stati dati per l’utilità comune, così anche i beni materiali vengono dati per l’utilità comune. Essi vanno messi a frutto e usati per il bene di tutti. Questa è vera rinuncia. Se invece il cuore si attacca ai beni della terra, è finita. Diviene impossibile essere veri discepoli di Gesù. I beni aggrediscono il cuore e lo rendono prigioniero. La Madre di Gesù ci insegni come si offre a Dio tutta intera la nostra vita.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.