Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 26 Maggio 2022

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GIOVEDI’ 26 MAGGIO – SESTA SETTIMANA DI PASQUA [C]

In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

Nell’Antico Testamento sempre il Signore invia i suoi profeti per annunciare al popolo la liberazione, invitandoli alla gioia: “Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». «Io raccoglierò gli afflitti, privati delle feste e lontani da te. Sono la vergogna che grava su di te. Ecco, in quel tempo io mi occuperò di tutti i tuoi oppressori. Soccorrerò gli zoppicanti, radunerò i dispersi, li farò oggetto di lode e di fama dovunque sulla terra sono stati oggetto di vergogna. In quel tempo io vi guiderò, in quel tempo vi radunerò e vi darò fama e lode fra tutti i popoli della terra, quando, davanti ai vostri occhi, ristabilirò le vostre sorti», dice il Signore” (Sof 3,14-20).

Ecco invece il grido del profeta Isaia: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; nessun impuro la percorrerà. Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere e gli ignoranti non si smarriranno. Non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce la percorrerà o vi sosterà. Vi cammineranno i redenti. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto” (Is 35,1-10).

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I discepoli solo per un momento saranno nella tristezza, nel lutto, nel pianto. Gesù sarà crocifisso. Ma la crocifissione non sarà la sua fine. Essa è solo la porta per salire al cielo, presso il Padre suo, ed essere rivestito di gloria eterna. È attraverso la scala della croce che Gesù sale al cielo e prende possesso del suo regno. Se non sale sulla croce, Gesù mai potrà prendere possesso del suo regno, mai potrà compiere la redenzione. La sua Incarnazione rimarrebbe un mistero inutile. Invece è la morte per crocifissione che dona verità eterna e compimento pieno al suo mistero. Gli Apostoli sono ancora privi dello Spirito Santo e tutto vedono dalla loro mente fatta di fango e di terra. Ancora neanche possono elevarsi alla contemplazione del mistero di Cristo Gesù. È infinitamente oltre la loro mente. Neanche Gesù lo spiega loro. Avrebbe solo perso del tempo prezioso. Invece parla loro alla maniera umana, annunciando però l’altissima verità della sua risurrezione. Ma sempre il Signore aveva unito i due misteri: il mistero della morte e il mistero della risurrezione facendone un solo mistero. Due misteri dei quali uno produce l’altro. Impossibile la risurrezione senza la morte per crocifissione. Ecco perché la croce è la via che dona compimento a tutto il mistero del Verbo Incarnato.

LEGGIAMO IL TESTO DI Gv 16,16-20

Se la morte dona compimento a tutto il mistero di Cristo Gesù, la stessa legge vale per noi. Anche la nostra morte vissuta per Cristo, vissuta in Cristo, vissuta con Cristo,  dona compimento eterno al nostro mistero. È questo oggi il fallimento della nostra umanità. Moriamo ma non in Cristo, non per Cristo, non con Cristo. Moriamo una morte che ci conduce alla morte eterna anziché alla vita eterna. Moriamo una morte dalla quale non nasce la speranza. È questo il frutto della “dolce morte”, che è vero suicidio e omicidio.

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È una morte che porta alla disperazione eterna. Eppure oggi il cristiano è questa morte che vuole morire. In verità nessuno può morire la morte di Cristo se non vive la vita di Cristo Gesù. Poiché oggi il cristiano non vive più la vita di Cristo ecco che è portato a morire la morte senza speranza, senza risurrezione gloriosa, senza vita eterna. Quando non si vive la vita di Cristo neanche i pensieri di Cristo si vivono. Si vivono i pensieri del mondo che sono pensieri di morte senza speranza e senza vita eterna. La Madre di Dio venga in nostro soccorso.

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