Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Un padrone di casa ha bisogno di operai per la sua vigna. Esce all’alba, si reca dove gli operai erano solito radunarsi e lì prende a giornata lavoratori per la sua vigna. Siamo alle prime ore del giorno. Il tempo di lavoro è assai lungo. Così è il regno dei cieli. Una vasta vigna che ha bisogno di essere lavorata. Occorrono molte forze. Il padrone esce, le trova, le ingaggia, le manda a lavorare nella sua vigna. C’è uno che chiama, un chiamato, una vigna. Il lavoro non è gratuito. Il padrone si accorda per un denaro al giorno con tutti coloro che lui chiama e che accolgono il suo invito. Stipulato il prezzo della mano d’opera, tutti vengono mandati a lavorare nella sua vigna. Una verità da mettere subito in luce deve rimanere sempre nel cuore. Il lavoro non è senza retribuzione. Al lavoratore è promesso il giusto salario. Sul fondamento di questa giustizia si va a lavorare nella vigna. La vigna è grande, molto grande. Gli operai chiamati non bastano. Il padrone esce verso le nove del mattino, ne vede altri che stavano sulla piazza, disoccupati. Si stava sulla piazza in attesa che qualcuno venisse a chiamare. Anche questi operai sono chiamati e mandati a lavorare nella vigna. Con costoro non viene però stipulato o concordato il salario. Il padrone promette che avrebbe dato loro ciò che è giusto. Su questa parola si va nella vigna. Questi operati, ricevuta la parola di giustizia o del giusto salario, vanno a lavorare nella vigna. La regole della giustizia vanno indicate prima, non dopo. Prima la persona può accettare o rifiutare, può anche contrattare il prezzo.
Neanche questi operai sono sufficienti. Il padrone esce di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre del pomeriggio, e fa altrettanto. Chiama operai per la sua vigna, promettendo che avrebbe dato loro quel che è giusto. Bastano gli operai per la vigna del padrone? Nient’affatto. Il lavoro è così tanto, la vigna così vasta, da richiedere un gran numero di operai. Così il padrone esce anche verso le cinque. Vede operai che se ne stanno sulla piazza. Il padrone si meraviglia che degli operai potessero stare tutto un giorno ad oziare sulla piazza e lo chiede loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente? Possibile che non avete bisogno di guadagnarvi un tozzo di pane? La reazione del padrone è dovuta al fatto che la sua vigna manca di operai ed essi invece stavano sulla piazza senza far nulla. È come se il padrone volesse dire loro: perché non siete venuti voi da me a cercare lavoro? La loro risposta è immediata: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Loro hanno rispettato le regole. Si sta sulla piazza. Viene il padrone. Chiama. Noi andiamo. Non siamo noi a dover andare. È il padrone che deve venire. A volte però le regole vanno rotte. La preghiera rompe ogni regola. Non aspettiamo che Dio venga e doni. Siamo noi che chiediamo perché il Signore venga e porti ogni grazia. La preghiera anticipa l’agire di Dio verso di noi. Il padrone accetta le loro giustificazioni e li manda a lavorare nella sua vigna.
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LEGGIAMO IL TESTO DI Mt 20,1-16
Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Finisce la giornata. Il padrone dona il dovuto, inverte però le regole usuali. Ordina al fattore di chiamare i lavoratori e dar loro la paga. Deve però cominciare dagli ultimi e finire con i primi. Il padrone vuole che tutti vedano che lui oltre che essere mosso dalla regola della più stretta giustizia, è anche governato dalla legge della misericordia, della pietà, della compassione, della grande carità. Si inizia da quelli delle cinque del pomeriggio. Essi vengono e ricevono un denaro. Il padrone mostra loro la grande generosità del suo cuore. Essi hanno lavorato un’ora soltanto e il padrone li tratta come se avessero dato un giorno. Il padrone alla giustizia aggiunge la carità, l’elemosina, la misericordia. Non toglie nulla alla giustizia. Aggiunge ciò che ad essa manca. Sempre infatti alla giustizia manca la carità. Questo vale anche per il lavoratore. Sempre il lavoratore dovrebbe aggiungere alla giustizia l’amore, all’amore la benevolenza, alla benevolenza la grande diligenza, alla grande diligenza tutta la sua scienza e la sua arte, perché il lavoro sia perfetto in ogni cosa.
Arrivano i primi e pensano di ricevere anche loro più di quanto era stato pattuito. Ma anch’essi ricevono ciascuno un denaro. Perché il padrone non aggiunge anche a costoro la sua misericordia, la sua pietà e compassione? Perché anche la misericordia e la compassione devono essere governati dalla giustizia. Si vive la misericordia verso coloro che sono nel bisogno. Chi sta bene non ha bisogno della nostra misericordia, compassione, pietà. Si dona da mangiare a chi non ha da mangiare. Dare da mangiare a chi ha da mangiare, non solo non è misericordia, è anche ingiustizia gravissima presso Dio. La misericordia, l’elemosina è verso i poveri, non verso i ricchi. Questi operai hanno un denaro e questo è sufficiente per la vita di oggi. Domani avranno un altro denaro e sarà sufficiente per la vita di domani. Per gli altri operai non era sufficiente il salario e il padrone ha aggiunto quanto mancava. Si noti bene. A tutti il padrone ha aggiunto quanto mancava al loro stare bene. Non ha fatto torto ad alcuno. Non è mancato né nella giustizia, né nella carità verso alcuno. Ha solo aggiunto ciò che mancava al denaro.
Quelli della prima ora, però, si mettono a mormorare contro il padrone. Perché mormorano? Perché nulla hanno compreso della legge della giustizia e della carità. Non si può fare la carità a chi già possiede. Sarebbe grave ingiustizia. Ogni uomo deve porre molta attenzione a non peccare di ingiustizia nel compiere la carità. Essa va fatta ai bisognosi. Farla a chi non ha bisogno, è privare chi ha bisogno. Ed è questa la grande ingiustizia che si commette. Si accusa il padrone di ingiustizia. La giustizia è dare a ciascuno ciò che è suo. Di questi uomini era il denaro e il denaro hanno ricevuto. Il padrone non ha commesso alcuna ingiustizia nei loro confronti. Lui è stato perfettamente giusto. Quando la giustizia viene osservata, non vi sono motivi né di lamento e né di mormorazione. Lamentele e mormorazioni ci rendono rei di giudizio e di condanna e questo peccato mai un uomo deve commettere. Il padrone ascolta le loro mormorazioni e dice ad uno di essi: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Quando la giustizia viene rigorosamente osservata, ogni mormorazione è peccato. Nessuno può pretendere, esigere ciò che va oltre la giustizia. Sul piano soprannaturale, il regno dei cieli è dato a tutti coloro che credono in Cristo Gesù e si convertono, abbracciando il suo Vangelo. La chiamata può venire in qualsiasi ora della nostra vita. È questa la grande misericordia del Signore nostro Dio. La Madre celeste ci aiuti a vivere nella gioia questo mistero.
Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.