VENERDÌ 10 DICEMBRE – II SETTIMANA DI AVVENTO [C]
È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Gesù rivela qual è la condizione spirituale del suo popolo. Vi è una generazione insensibile, come se fosse sotto morfina, incapace di qualsiasi reazione. Qualsiasi cosa avvenga è l’impassibilità assoluta. Per descrivere la morte spirituale della generazione che è dinanzi a Lui, Gesù si serve di una immagine assai eloquente. Vi sono dei bambini intraprendenti. Qualsiasi cosa essi facciano è indifferente a quanti assistono e osservano. Costoro sono come un blocco di marmo. Che piova, soffi il vento, brilli il sole, splenda la luce, essi non cambiano. Sono sempre gli stessi. Non si muovono. Non reagiscono. Quando si arriva a tale insensibilità è segno che lo spirito è in decomposizione.
Ecco cosa dicono i bambini a quanti sono dinanzi ad essi: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato. Abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto! È evidente che si è su due pianeti diversi. All’azione si risponde con l’inazione. Al fare corrisponde il non fare. Si fa un’azione ma senza il corrispettivo che necessariamente dovrebbe esserci. Così agendo il non fare rende vano il fare. A nulla serve che Gesù parli se poi si rimane sordi alle sue parole.
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Vi è però una verità che va detta. Quando il Signore parla all’uomo, questi diviene responsabile sia dell’ascolto che del non ascolto. La Parola è un dono che Dio fa all’uomo per la sua salvezza. Il non ascolto è il rifiuto della salvezza. Dopo che la Parola è stata data, secondo le regole del dono della Parola, si passa dall’ignoranza, dalla non conoscenza, al rifiuto. Il rifiuto è atto della volontà, vero atto umano e di conseguenza si é responsabili davanti a Dio. Questa non è una deduzione teologica. È vera rivelazione. Chi crederà sarà salvato. Chi non cederà sarà condannato. Dopo che il profeta ha riferito la Parola del Signore, cambia la natura dell’uomo. Il rifiuto lo fa colpevole.
Quando l’insensibilità diviene accidia, allora per l’uomo il problema della salvezza neanche più si pone. Oggi noi non solo siamo precipitati in questo orrendo e letale vizio dell’accidia, ogni accidia viene giustificata con un falso, errato, menzognero, bugiardo insegnamento: si insegna oggi che non vi è alcuna necessità di conversione. La misericordia del Signore abbraccerà ogni uomo e tutti finiremo nel regno eterno del Padre nostro. Non vi è menzogna più grande di questa. Così dicendo noi dichiariamo Dio falso e menzognero. Lo dichiariamo infedele ad ogni sua Parola. Dichiariamo che Dio abbraccerà tutti, mentre la sua Parola dice cose totalmente opposte. La salvezza eterna è per quanti – verità rivelata dallo Spirito Santo – sono stati fedeli fino alla morte nell’obbedienza alla sua Parola. L’obbedienza è la porta che apre la dimora eterna del nostro Dio e Signore. Chi è senza questa chiave rimarrà escluso per l’eternità.
LEGGIAMO IL TESTO DI Mt 11,16-19
A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Gesù applica alla sua generazione quando ha detto circa l’insensibilità verso quanti hanno suonato il flauto o hanno fatto un lamento. È venuto Giovanni il Battista, uomo austero, abituato alla vita del deserto. Il suo cibo erano locuste e miele selvatico. A causa di questa vita priva di ogni agio, poiché non mangiava e non beveva alla tavola degli uomini, questa generazione dice di lui che è un indemoniato. Con quest’accusa ci si libera da ogni obbligo di ascolto e di conversione.
Quando una persona si dichiara indemoniata, tutto ciò che essa compie e dice proviene dal demonio. Può uno convertirsi a Satana? Può uno credere nella parola del principe delle tenebre? Da chi è indemoniato si deve stare lontano. Chi è indemoniato, non solo non si deve ascoltare, si deve avvisare ogni altro perché non ascolti. Così si è obbligati a non seguire i suoi insegnamenti. Sarebbe grave colpa lasciarsi formare, istruire, ammaestrare dal demonio. Se Giovanni è indemoniato anche il suo battessimo, l’invito alla conversione, l’annunzio del Messia è opera diabolica. Ma può la conversione alla Parola di Dio essere opera di Satana? Evidentemente qualcosa non quadra. Quando la mente si lascia oscurare dal peccato non vede neanche le cose più semplici, elementari, fondamentali. Il peccato priva l’uomo di ogni razionalità e discernimento. Con il peccato prende Satana il governo del nostro spirito.
Giovanni, austero, severo, uomo dalle virtù vissute al sommo della loro perfezione, è un indemoniato. A Satana non si può credere. Viene il Figlio dell’uomo. Lui vive una vita “normale, umana”. Lui non è uomo del deserto. Cosa dicono di Lui? Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori. Uno che mangia, beve, è amico dei pubblicani e dei peccatori, mai potrà essere uomo di Dio. L’uomo di Dio sta lontano dai peccatori. Si guarda bene dall’avere un qualche contatto con loro. I peccatori devono stare con i peccatori, i santi con i santi. Poiché il Figlio dell’uomo rompe questa regola, di certo non viene da Dio. Se non viene da Dio, non va ascoltato. Anche in questo caso vi è un peccato che è a fondamento del loro mostruoso ragionamento. Le regole rotte da Gesù non sono regole divine, ma umane. Sono tradizioni degli uomini, non Statuti, Legge del Padre celeste.
Gesù non è venuto per dare vigore o conferma alle leggi degli uomini. Lui è venuto a portare la vera Parola del Padre suo sulla nostra terra. Ora la Parola di Dio è invito alla conversione. È chiamata alla salvezza. Per chiamare si deve andare. Per invitare si deve stare accanto. Si va in mezzo ai peccatori e li si invita alla conversione, offrendo loro il perdono di Dio. Ma il peccato dell’uomo non permette di vedere una cosa così semplice.
Ora Gesù aggiunge, concludendo: “Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie”. La sapienza produce le opera della sapienza. La stoltezza produce le opere della stoltezza. Le opere rivelano l’albero. Gesù, Sapienza di Dio sulla nostra terra, da cosa può essere riconosciuto giusto? Dalle opere che compie. Una persona che perdona, non è ingiusta. È simile a Dio. Una persona che invita alla conversione non è ingiusta. Anche questa persona è simile a Dio. Una persona che libera l’altro dalle malattie, dalle sofferenza, creando nel suo cuore la vera speranza, non può essere ingiusta. È come il Padre celeste, in tutto simile a Lui. Gesù lo ha già detto nel suo Discorso della Montagna. Sono le opere che rivelano la bontà e la cattiveria di un uomo, la sapienza e la stoltezza. Tutte le opere di Gesù sono frutto di sapienza, amore, carità, misericordia, luce.
Se le opere sono secondo il cuore di Dio, secondo la Legge, perfetta imitazione della santità del Padre, di certo non può non essere persona giusta e vera. Se è persona giusta e vera, va ascoltata. Le sue opere sono secondo Dio. In più sono anche da Dio, perché solo Dio può compiere le opere compiute da Gesù Signore. Le affermazioni dei farisei e della sua generazione sono parole di peccato, stoltezza, grande insipienza. Lo spirito è governato dal male.
Ognuno deve mettere ogni attenzione perché non cade nel vizio mortale dall’accidia. Difficilmente chi cade in questo vizio riuscirà a risorgere. Giungerà al soffocamento della verità nell’ingiustizia e gli sarà veramente impossibile pervenire alla verità perché governato solo e sempre dalla carne e dalla sua concupiscenza e superbia. La Madre di Gesù ci custodisca da un così orrendo e triste vizio che conduce alla morte eterna.
Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.