L’evangelista Giovanni ha raccontato la storia reale di Gesù, ma interpretata alla luce della pasqua con l’assistenza dello Spirito Santo promesso da Gesù, in modo da raggiungere una comprensione e una verità più profonda e completa. “Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14, 26); “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito” (Gv 16, 13). Ciò garantisce che il ritratto di Gesù è fedele, per quanto riguarda la sua personalità globale e il senso della sua missione.
Tutto il tempo che abbiamo ancora è per ascoltare, dallo Spirito, le molte cose che Gesù ha da dirci; occorre tutto il tempo perché sono cose che non siamo capaci di “portare” (il verbo della passione di morte e resurrezione nella quale dobbiamo entrare). È un giogo, sì, ma “dolce e soave” perché il peso non lo portiamo noi, ma lo Spirito Santo, il protagonista di questo Vangelo nella festa della Trinità, il soccorso di Dio alla nostra debolezza.
Fu lo Spirito del Risorto a soccorrere la fragilità dei discepoli e a renderli invincibili missionari del vangelo. Come poterono, quei primi discepoli, provenienti dal Giudaismo, superare il doppio scandalo di un Messia crocifisso e di un Messia Signore, uguale a Dio? Come hanno potuto sostituire il sabato, che li identificava come Ebrei, con la domenica, il giorno del Signore? Da dove hanno attinto tanta forza e tanta gioia? L’unica spiegazione adeguata è quella data da loro stessi: Gesù ha lasciato il sepolcro; si è fatto vedere vivo; ha comunicato lo Spirito Santo.
Evento di potenza inaudita. Forse riesce a trasmetterne un’eco, indiretta e lontana, la parola poetica di Mario Luzi (1914-2005), che rievoca come un’esplosione il suo primo impatto con il Cristo risorto, dipinto da Piero della Francesca a Sansepolcro.
“… mi scoppiò in viso il supremo accadimento.
Vinta la notte, schiantato ogni legame
di morte e d’increscioso asservimento,
emerse, mi colpì in pieno petto
l’abbagliante aurora umana”.
Mons. Angelo Sceppacerca
Fonte – Diocesi Triveneto