Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 9 Febbraio 2023

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Una fede che supera la distanza

Gesù si mette in viaggio: lascia la Galilea, dove fino a quel momento aveva circoscritto la sua attività pubblica, e raggiunge la regione di Tiro. Una donna, afflitta per la malattia di sua figlia, cerca di incontrarlo per implorarne l’aiuto. Una scelta per nulla scontata per lei che appartiene a un’etnia e a una religione diversa, come dettagliatamente annota l’evangelista: anche questa donna compie un viaggio fuori dal proprio “mondo”, unicamente sostenuta da una fedecapace di infrangere steccati e colmare le distanze.

“Donna” e dunque non meritevole di considerazione per la cultura del tempo, e “straniera” sul piano religioso e geografico. Questi elementi aiutano a comprendere la risposta di Gesù, che ci lascia perplessi perché inizialmente non prende a cuore la sua richiesta di scacciare il demonio da sua figlia: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini” (v. 27), espressione, quest’ultima, che i Giudei riservavano ai pagani in senso offensivo. Nella versione parallela di Matteo, Gesù esplicita ulteriormente affermando che non è stato mandato “se non alle pecore perdute della casa di Israele” (Mt 15,24).

La donna non si arrende e si apre una breccia nelle parole stesse che Gesù le aveva rivolto: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli” (v. 28). Briciole di pane, insignificanti, come appunto quelle che distrattamente facciamo cadere dalla tavola. Eppure, sembra suggerire il testo, in queste briciole è racchiusa una possibilità di vita. Una realtà di poco conto a volte dischiude potenzialità inimmaginabili: “Se avrete fede pari a un granello di senape direte a questo monte: ‘Spostati da qui a lì’ ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile” (Mt 17,20).

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La fede semplice e testarda di questa donna porta Gesù a cambiare giudizio: lui che, pienamente inserito nella tradizione storica e religiosa del suo popolo, era persuaso che l’annuncio e il dono del Regno dovessero avere come primo destinatario il popolo di Israele, è condotto da lei a spingere più in là i confini della propria missione per abbracciare tutta l’umanità assetata di guarigione e di vita.

“Per questa tua parola” (v. 29). È la parola della donna che salva sua figlia: la parola di fede nel pane riconosciuto come dono del Padre che non può essere negato a nessuno dei suoi figli. E non possiamo non rimanere stupiti, se pensiamo che in altri racconti del vangelo sono gli interlocutori di Gesù a fare affidamento alla sua “parola”, capace di nutrire la vita come il pane: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,4); e ancora Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,67).

Ci vuole umiltà per accogliere l’insegnamento offertoci dagli altri, in particolare da chi percepiamo distante da noi, e riconoscervi l’appello che ci viene rivolto. E ci vuole anche il coraggio di ricredersi e di mutare i propri giudizi. Umiltà e coraggio che ci dispongono a discernere la via possibile all’incontro con l’altro.

fratel Salvatore

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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