Per la memoria della natività di Maria il vangelo proposto è la genealogia di Gesù secondo Matteo, che si conclude con la nascita verginale del Messia Gesù. Ma ci chiediamo: che cos’è una genealogia? Matteo la descrive come un “libro della genesi” o “dell’origine” (biblos gheneseos) di Gesù Cristo, figlio di David, figlio di Abramo. In ebraico si direbbe sefer toledot, “libro delle generazioni”, e si tratta sempre dei discendenti di qualcuno. Il “libro delle generazioni” di Adamo elenca ovviamente i suoi discendenti, non descrive la storia delle sue origini. E così per tutti gli altri personaggi dell’Antico Testamento, compresi i patriarchi. Ora, proprio questo è strano, nel caso della genealogia matteana: questo lungo elenco di nomi non è la storia dei discendenti di Gesù, ma al contrario dei suoi ascendenti. Con questo procedimento, Matteo rompe, o inverte, l’ordine delle genealogie veterotestamentarie.
Come sappiamo, esiste anche un’altra genealogia, ascensionale, nel terzo vangelo, che differisce nei nomi da quella di Matteo, per lo meno a partire dal re David. Si può dire che il primo vangelo segue un criterio rigorosamente davidico nella scelta dei nomi degli antenati di Gesù. Questo carattere davidico è da lui sottolineato alla fine, perché la sua genealogia è suddivisa in tre periodi di quattordici generazioni: da Abramo a David, da David alla deportazione in Babilonia (che segna la fine della dinastia) e dalla deportazione in Babilonia fino al Messia. Quattordici sono i giorni delle fasi lunari: luna crescente fino alla regalità; luna decrescente fino alla perdita della regalità davidica; e infine nuova fase crescente fino al compimento messianico. Inoltre si può notare che quattordici è il valore numerico del nome di David: D W D (4 + 6 + 4).
Ma, oltre all’iscrizione nella discendenza davidica, la cosa teologicamente più rilevante è che Gesù non dà inizio a questa genealogia, ma vi mette fine. Se contiamo attentamente, le generazioni di Matteo non sono neppure tre volte quattordici (che dovrebbe dare quarantadue), ma soltanto trentanove. Trentanove volte si usa il verbo “generare”, in forma attiva: “Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe”, e così via. La quarantesima volta, lo stesso verbo non viene più usato all’attivo, ma al passivo: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale fu generato (per opera dello Spirito santo) Gesù il Messia”. La nascita di Gesù interrompe la catena delle generazioni, mette fine a questa discendenza, che è la storia della promessa davidica e messianica dell’Antico Testamento.
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Come dire che l’Antico Testamento trova il suo compimento nel Messia, e che d’ora in poi non è più importante la catena delle generazioni. Con la nascita di Gesù da Maria tutta la storia si compie, e non è più necessaria, a rigore, neppure la generazione (Giuseppe non genera!). Perciò questa nascita ha una rilevanza del tutto particolare, e infatti è “verginale”: è come l’inizio di una nuova storia e di una nuova creazione. Diciamo, per lo meno, di un nuovo senso della storia e della creazione. “Ecco, infatti, d’ora in poi mi diranno beata tutte le generazioni” (Lc 1,48).
fratel Alberto
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