Gesù sta insegnando ai suoi discepoli l’arte della preghiera, su loro richiesta (cf. Lc 11,1).
Dopo il Padre nostro (cf. Lc 11,2-4), continua con una piccola parabola. Rileggetela, è semplice e chiara. Ci chiede di avere fiducia, quella di chi non si stanca di domandare. Come accade nei rapporti tra amici, nei quali si può essere “sfacciati, svergognati” (questo dice il v. 8, meglio che “invadenza”). “Perché un amico se lo svegli di notte…”, cantava Riccardo Cocciante… Sì, nell’amicizia si possono chiedere cose audaci, senza ritrosia. La questione è un’altra: vogliamo credere che Dio è nostro amico? Gesù ce lo ha insegnato in tanti modi, ma spesso ci impediamo di crederlo.
Per questo, quasi a imprimere tale fiducia nei nostri cuori (“Ebbene, io vi dico…”), Gesù continua con parole celebri: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”. Verrebbe da opporre a Gesù la sapienza disillusa di Qohelet: “L’essere umano si affatica a cercare ma senza trovare” (Qo 8,17). È esperienza quotidiana: quante volte cerchiamo e non troviamo, e invece troviamo quando meno cerchiamo, o molto tempo dopo, quando ormai vi avevamo rinunciato… Solo un dato banale o allusione a qualcosa di più profondo? Che Qohelet e Gesù si completino a vicenda?
Forse Gesù capisce i nostri dubbi, o almeno mi piace pensarlo. Per questo ricorre a un’ultima immagine, sotto forma di domanda: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?”. In effetti… Ma il Padre che è nei cieli è anche nostro amico, dunque ri-orienta pure i nostri tentativi di ricerca. O meglio, ci insegna a cercare altrimenti. Mentre i padri terreni spesso vorrebbero farci trovare ciò che già hanno deciso, Gesù ci dà un ritratto del Padre sigillato da un’affermazione che apre verso l’infinita arte di vivere; e dunque di pregare, quale strumento nel cammino della vita: “Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro dei cieli darà lo Spirito santo a quanti glielo chiedono!”.
Gesù ci assicura che questa è la preghiera sempre esaudita dal Padre: la richiesta dello Spirito, potenza di Dio, cosa buona tra le cose buone (cf. Mt 7,11), perché in essa tutto è incluso. Le prime parole che possiamo balbettare nella nostra preghiera sono quelle con cui invochiamo la discesa dello Spirito. Persino l’atto elementare della fede non è possibile senza lo Spirito, perché “nessuno può dire: ‘Gesù è Signore’ se non nello Spirito santo” (1Cor 12,3). Sempre lo Spirito “viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8,26), donando ai nostri cuori la capacità di riconoscerci voluti e amati da Dio.
Ma non voglio inoltrarmi in complessi sentieri teologici. Mi piace solo lasciare a me stesso e a te che stai leggendo una domanda: credi che il Padre è tuo amico e ben prima di ogni tua ricerca è pronto a correrti incontro per abbracciarti (cf. Lc 15,20) e chiamarti alla vita? Questo atto di fede, pur in mezzo alle fatiche quotidiane, è forse l’arte della preghiera insegnataci da Gesù. È l’arte della fiducia, l’arte della vita.
fratel Ludwig
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