Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 8 Novembre 2019

Quanto spesso pensiamo che la logica di Cristo e la logica del mondo siano antagoniste! E in molte circostanze le discrepanze tra questi due sistemi saltano agli occhi: amare i nemici non è certamente il primo atteggiamento che viene insegnato a chi vuole farsi un posto nel mondo concorrenziale del lavoro, dell’economia o della politica… Ora nel vangelo odierno Gesù pare dire che in realtà il messaggio che egli annuncia può anche trarre profitto dai comportamenti apparentemente più ingiusti che la vita quotidiana ci presenta. In che misura i cristiani, “figli della luce” (cf. 1 Ts 5,5-6), devono allora imparare ad appropriarsi della scaltrezza dei “figli di questo mondo” (v. 8)?

Riprendiamo la storia a prima vista scandalosa narrata da Gesù. L’amministratore di una grande tenuta viene licenziato per la slealtà della sua gestione. Preoccupato del suo futuro, scopre una soluzione a suo vantaggio nell’approfittare dell’ultimo potere che ha: riduce le pendenze dei debitori del suo padrone, sperando che così si ricorderanno di lui con favore quando avrà perso il lavoro. Si apre una via d’uscita presso di loro a scapito del suo padrone: ma come quest’ultimo può congratularsi con quell’intendente che il vangelo stesso definisce “disonesto” (v. 8)? Ammettendo la furbizia del suo dipendente acconsente forse a un’ultima perdita come prezzo del licenziamento da lui pronunciato?

In realtà si sa che i gestori di grandi proprietà guadagnavano la loro vita con le commissioni che prelevavano sulle transazioni da loro realizzate. Riducendo gli obblighi dei suoi debitori, l’economo della parabola non defrauda perciò il suo proprietario ma rinuncia al proprio beneficio. In questo modo “inverte la funzione del denaro” (Daniel Marguerat): invece di accumularlo per sé, facendone uno strumento di appropriazione, lo investe per aprire relazioni amichevoli, creandosi un tesoro di riconoscenza presso coloro con i quali intratteneva fino ad allora relazioni solo economiche.

In fin dei conti, quell’amministratore scaltro è lodato perché rimette i debiti ai suoi debitori: quell’atteggiamento non deve forse anche ispirare il comportamento dei discepoli di Gesù, spronati a loro volta a “rimettere i debiti ai loro debitori” (cf. Mt 6,12)? Tale pratica infatti apre vie di futuro quando il conflitto sembra insuperabile e immette luce nelle relazioni troppo spesso contraddistinte dalla mera logica del contraccambio.

Ma c’è di più: leggendo la parabola in modo allegorico si può riconoscere in quell’amministratore la figura di Cristo stesso. È lui che è venuto nel mondo per gestire i beni del Padre, ed è anche lui che ha pagato con la propria vita i debiti che noi umani avevamo contratti presso il Padre. Agendo così, ci rende addirittura “suoi amici” (cf. Gv 15,15). La scaltrezza dell’amministratore abile descrive allora in termini mondani nient’altro che l’infinita benevolenza di Cristo a nostro favore. Egli prende su di sé i debiti che in realtà sono nostri e a ognuno distribuisce largamente la misericordia di Dio. Procura così un futuro non solo a sé, attraverso la resurrezione a lui offerta, ma anche a noi che “senza di lui non possiamo fare nulla” (cf. Gv 15,5).

fratel Matthias

Fonte

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI

I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16, 1-8
 
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

Parola del Signore

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