Continuità e rinnovamento
In questi primi giorni dell’anno ascoltiamo l’inizio del vangelo di Marco che ci narra l’inizio del ministero pubblico di Gesù e l’inizio del cammino di sequela dei primi quattro discepoli.
Tutti questi inizi sono segnati da una continuità e da una discontinuità: il Vangelo è in continuità con le antiche Scritture, con le profezie e le promesse fatte a Israele. “Come sta scritto…” è un’espressione che troviamo nei primissimi versetti del vangelo secondo Marco (cf. Mc 1,2) e che ritornerà spesso lungo la narrazione fatta da tutti gli evangelisti: Gesù è venuto a compiere le Scritture ma, e qui sta la discontinuità, lo farà in un modo diverso da quello che ci si aspettava e questo è già prefigurato in quel suo primo gesto pubblico di mettersi in fila con i peccatori per ricevere il battesimo di Giovanni (cf. Mc 1,9).
Il cammino di Gesù inizia in continuità con la vicenda di Giovanni Battista, colui che gli ha preparato la via ma, qui la discontinuità, prosegue in una forma diversa, come testimoniano le parole stesse di Gesù in Matteo 11,18-19: “È venuto Giovanni Battista che non mangia e non beve e dicono: ‘È un indemoniato’, è venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve e dicono: ‘Ecco un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori’”.
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Ma anche la via dei primi quattro discepoli è segnata da continuità e discontinuità: da un lato Gesù dice loro che continueranno a essere pescatori ma, qui la novità, non più di pesci ma “di uomini”!
Ciascuno di noi è chiamato lì dove si trova e ogni inizio ha sempre un prima che lo ha preparato su cui poi si innesta una novità, un cambiamento: come il seme che è stato seminato ha una forma diversa dalla pianta che poi germoglierà, così anche noi “siamo presi” dal Signore a partire dalle nostre storie e dal nostro oggi per far sviluppare quelle potenzialità di bene e di vita che sono racchiuse nel “piccolo seme” della nostra vita e che solo il Signore può dischiudere e trasformare con la forza e la fantasia del suo Spirito.
A noi è chiesta l’attenzione alla sua voce che chiama, l’abbandono filiale e fiducioso alle sue parole, e la prontezza nel rispondere senza dilazioni nel tempo o attaccamenti al “già”, a quel noto e conosciuto che ci rassicura ma anche rischia di bloccarci: “E subito lasciarono le reti e lo seguirono”.
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C’è un “lasciare la presa” che apre a un cammino nel quale, per altre vie, ritroveremo, moltiplicato e modificato, quello che abbiamo lasciato: “Vi farò pescatori di uomini!” e “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del vangelo che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto … e la vita eterna nel tempo che verrà” (Mc 10,29-30).
Ci sia allora dato, in questo nuovo anno che inizia, di farci attenti alla voce del Signore e di rispondervi con prontezza fiduciosa sapendo che solo Lui può fare nuove tutte le cose e può rinnovare le nostre vite immettendo in esse le energie del Regno nel quale ogni cosa, e ogni vita, sarà portata a pienezza.
sorella Ilaria
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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