Lasciare tutto per non lasciare lui
Oggi il vangelo ci presenta la chiamata dei primi discepoli nella versione di Luca che, a differenza di Matteo e di Marco, è più articolata ed è in chiaro parallelismo con il testo di Giovanni 21, quando il Signore risorto appare sulle rive del lago di Tiberiade a quei discepoli che erano tornati al lavoro che svolgevano prima di incontrare Gesù e che, come narra anche il nostro testo, “quella notte non avevano preso nulla” (cf. Gv 21,3).
C’è una fatica infruttuosa che rischia di scoraggiare, ma il Signore ci viene incontro e ci chiama a perseverare, al di là di ogni logica umana: “Gettate le vostre reti per la pesca … Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (vv. 4-5).
Il Signore ci viene incontro e ci rivolge la parola, una parola che ci spiazza, una parola che porta in sé un futuro diverso, trasformante il nostro oggi: “D’ora in poi sarai pescatore di uomini” (v. 10). Sì Simone, continuerai a essere pescatore, non di pesci ma di uomini!
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Come? Prendendo il largo, ovvero, sapendo andare lontano, avanzando in acque profonde, con tenacia e coraggio, uscendo dagli spazi di comfort, dai luoghi conosciuti e rassicuranti, affrontando il mare aperto, lontano dalla riva, lontano dalle folle.
E poi gettando le reti, impiegando quell’esperienza e quella sapienza, che nasce dalla paziente esperienza del lavoro quotidianamente svolto, per rifare i gesti di sempre ma con una speranza nuova, con un desiderio nuovo… Il Signore non ci chiede di essere altri da quello che siamo, ma ci chiede di non fare riserve di noi, di saper spendere la nostra vita per il Regno dei cieli, di non stancarci di gettare le reti, ancora e ancora, al di là ogni logica umana e nonostante ogni sconforto e paura.
Lui è con noi, è salito sulla nostra barca e per questo ci può invitare a prendere il largo.
Lui è con noi nella nostra fatica, per questo essa non sarà vana.
Lui è con noi per trasformare i nostri gesti quotidiani in annunci della prossimità del Regno e dell’esigenza di una conversione dei cuori, ancora prima che di un cambiamento di vita.
Dalla terra al mare per tornare poi di nuovo alla terra, ma rinnovati, rigenerati da quell’abbondanza che trabocca nell’affidarsi al Signore, alla sua parola, folle e scandalosa, ma piena di vita per chi si lascia raggiungere da essa. Pietro che qui dice a Gesù: “Sulla tua parola getterò le reti” (v. 5), altrove gli dirà: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (GV 6,68).
Il Signore non ci chiede di capire subito la sua parola e i suoi gesti, forse capiremo dopo (cf. Gv 13,7), ma ci chiede di fidarci, di aver fede, e di abbandonarci a lui, in lui, perché lui solo può far fiorire il deserto, può moltiplicare il nostro poco, può rendere fruttuosa la nostra fatica, può riempire le nostre reti e portare a compimento ciò che noi possiamo solo cominciare.
Ma a noi spetta dire “sì”, spetta di cominciare ogni giorno, nonostante il nostro peccato e la nostra miseria, ad ascoltarlo e a seguirlo, lasciando tutto per non lasciare lui. “Lasciarono tutto e lo seguirono” (v. 11).
sorella Ilaria
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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