Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 7 Settembre 2021

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A differenza della sua fonte, Matteo, Luca colloca il lungo insegnamento di Gesù “in un luogo pianeggiante”. Gesù vive già con una comunità di discepoli. Ma si avvicina un momento di svolta. Prima di iniziare a parlare, Gesù prega. Trascorre la notte nella preghiera a Dio. A differenza di Marco (cf. 3,13), in Luca Gesù non porta con sé i discepoli “sul monte”; ci va solo. Il terzo vangelo insiste su questa preghiera solitaria di Gesù, solo a solo con il Padre (cf. Lc 3,21; 5,16). Non ne conosciamo il contenuto, ma la durata: tutta la notte. Sempre prima di una scelta decisiva occorre fare silenzio per lasciare che Dio operi in noi; affinché la nostra decisione nasca dalla profondità dell’ascolto della sua Parola, che non cessa di destare in noi il suo frutto se sappiamo farle spazio.

Gesù allora chiama i discepoli; li chiama per nome; li costituisce apostoli, inviati, cioè partecipi della parola del loro maestro, a loro volta portatori dell’annuncio inaudito del vangelo che sono chiamati ad ascoltare. Dalla “gran moltitudine del popolo”, Gesù discerne la “gran folla di discepoli” (v. 17), e, tra questi, dodici, come dodici sono le tribù di Israele: i dodici, gli “apostoli”, cioè gli inviati (v. 13), i destinatari primi del discorso della pianura.

La lista di Luca differisce dagli elenchi di Marco (3,16-19) e di Matteo (10,2-4). Evidentemente la tradizione era unanime sul numero, ma non sui nomi degli apostoli. Tutti certo sono ebrei, ma Andrea e Filippo hanno un nome greco, probabilmente le loro famiglie erano ellenizzate, situazione non rara in Galilea. Tra gli apostoli vi sono umili pescatori (Simone, Giacomo, Giovanni e verosimilmente anche Andrea), ma anche chi apparteneva a movimenti di resistenza al potere romano, come Simone, di cui si dice che è zelota; e come, probabilmente, lo stesso Giuda “Iscariota” (“uomo di Keriot”: cf. Gs 15,25 e Am 2,2), colui che lo avrebbe consegnato. Accanto a costoro, Levi, un pubblicano (“Matteo” in Mt 9,9), e dunque un collaboratore con il potere romano. Gesù non si circonda di uomini puri e duri, non esige una pulizia ideologica preliminare, non richiede un allineamento dottrinale per coloro che egli stesso, con il libero gesto del Signore, invita, liberamente, a seguirlo. Perché egli sa che solo il Padre ha il potere di attrarre a lui uomini e donne che il Padre stesso gli affida (cf. Gv 6,64-65).

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Attorno a Gesù si delineano così come tre cerchi concentrici: i dodici, i discepoli e il popolo (si tratta sempre dei figli di Israele). Anzitutto coloro che Gesù stesso “ha scelto”, poi coloro che erano interessati al suo insegnamento e le folle venute da ogni dove, affascinate dalla sua potenza taumaturgica. Se le parole di Gesù saranno dirette essenzialmente alla folla dei “discepoli” (“Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva…”: Lc 6,20), tutta la moltitudine del popolo è convocata davanti all’evento di salvezza che si compie in Gesù per opera dello Spirito santo (“una potenza usciva da lui che guariva tutti”). Anche nella chiesa, nella comunità cristiana, non c’è una gerarchia di merito o di potere, ma una comunione di persone che desiderano condividere la vita di Gesù, che ne conoscono in grado diverso l’intimità, e che stanno al servizio gli uni gli altri, colmi dello stupore della presenza di Dio tra gli uomini.

fratel Adalberto


Fonte

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