In obbedienza alla rivelazione data dal Signore a Mosè sul Sinai, per Israele il sabato è giorno in cui non si lavora. È il modo per riconoscere la signoria di Dio e dedicarsi con più attenzione e disponibilità di tempo alla lode a lui, “l’Amante della vita” (Sap 11,26). Ma come può celebrare in pienezza la vita, rispondendo alla volontà originaria del Signore, chi è menomato nel corpo o nello spirito? Gesù lo sa bene, per questo altrove dice, con una semplicità disarmante eppure così “strana” per i professionisti della religione: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27).
Qui siamo in presenza di un caso evidentissimo a cui questo principio può, anzi deve essere applicato. Mentre Gesù insegna in sinagoga, scorge nell’assemblea un uomo con la mano destra paralizzata. Il suo sguardo coglie il bisogno di questa persona, mentre scribi e farisei spiano il comportamento di Gesù, per vedere se lo guarisce in giorno di sabato, e così accusarlo. Quale differenza di sguardo, dunque di cuore! E soprattutto, che triste esempio di cattiveria il secondo sguardo, violazione interiore del giorno dedicato al Signore…
Ma Gesù non si cura di loro, la sua attenzione va al bisogno dell’uomo in difficoltà. Per questo gli chiede di mettersi in mezzo, in modo che tutti possano vederlo e il suo bisogno sia il centro del sabato. Poi, rivolto a quanti lo disprezzano con lo sguardo e nel segreto del cuore, domanda: “In giorno di sabato, è lecito fare il bene o fare il male, salvare una vita o sopprimerla?”. La risposta sembrerebbe ovvia. Eppure non arriva, come precisa Marco: “Ma essi tacevano” (Mc 3,4). Perché? Perché pongono la legge religiosa al di sopra del bene dell’essere umano, della vita. Preferiscono mettere in cattiva luce Gesù piuttosto che riconoscere che ha ragione. Lo stesso avverrà più avanti, come solo Luca attesta (cf. Lc 14,1-6), sempre in giorno di sabato, in presenza di un uomo malato e di fronte a uomini religiosi che contestano Gesù per una sua azione di cura. Lì egli chiederà: “È lecito o no curare di sabato?”. Poi, visto il loro consueto silenzio: “Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?”. Un figlio o un bue…
Qui la conseguenza è già scritta: Gesù, “guardandoli tutti intorno”, ridona salute alla mano di quest’uomo, restituendolo alla piena integrità, alla condizione di creatura voluta e amata da Dio (ben più che guarirlo!); gli altri, lividi di collera, congiurano su come fare fuori Gesù. E così, nel giorno dedicato alla celebrazione della vita, tramano per la morte. Quale splendida celebrazione del sabato!
Ma concentriamoci sulle semplici domande di Gesù, e chiediamoci una buona volta: perché non capiamo (non accettiamo?) che la via aperta da Gesù, compimento della volontà originaria del Padre, è la via della vita, vita da potenziare, di cui godere e far godere in pienezza chi ci è accanto, ogni giorno? Ogni giorno è l’oggi di Dio, è un’occasione per celebrare la vita. Perché insistiamo a far prevalere la religione sulla vita? Gesù ha detto, fatto, voluto il contrario.
E ci ha mostrato che è da come si vive che traspare se come in chi si crede.
fratel Ludwig
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