State attenti a voi stessi !
L’evangelo odierno, insieme con i versetti 7-10, costituisce come un breve compendio di vita comune. Evidenzia quattro temi: gli scandali (vv. 1-2), il perdono (vv. 3b-4), la fede (v. 6) e il servizio (vv. 7-10). Sono i pilastri che rendono possibile una vita comunitaria, qualunque essa sia: convivenza, vita coniugale, vita cenobitica o in comunità religiosa. Ma il perno di questo riassunto è costituito dalle prime parole del v. 3: “State attenti a voi stessi!”. Non sono quindi parole da insegnare, ma da vivere! Come nel celebre detto sulla pagliuzza e la trave (Lc 6,41-42), Gesù ammonisce noi stessi, affinché non insegniamo agli altri diversamente da ciò che viviamo, o almeno cerchiamo di vivere.
Tre cose ci vengono rammentate nel testo odierno. Anzitutto il pericolo degli scandali. Questi non sono gli episodi che riempiono le cronache dei giornali, ma ciò con cui siamo di inciampo agli altri o facciamo cadere chi conta su di noi o ci fa fiducia. Sono il divario esistente tra ciò che diciamo e ciò che viviamo. Gesù sa che una completa coerenza non è umanamente possibile; ma ciò che mette in evidenza è che è più grande il pericolo per chi scandalizza un altro, soprattutto se “piccolo” (bambino o persona che agli occhi della società “non conta”), rispetto al male subito da chi è stato scandalizzato. Anzi è peggiore della sorte di chi sarebbe gettato in mare con una macina di mulino al collo. Se Gesù pronuncia una tale minaccia non è perché si realizzi, bensì perché, avvertiti come siamo, facciamo ciò che possiamo affinché non si realizzi.
E ciò avviene se c’è conversione, secondo pilastro di questo testo. Gesù però ne parla nella prospettiva non di chi si converte, ma di chi è testimone di tale conversione. Non basta infatti che chi ha sbagliato o fatto il male chieda perdono, ancora occorre che questa richiesta sia accolta. Non una o due volte, bensì “sette volte al giorno”, cioè non “sette volte e non otto”, ma “sempre”. Non è quindi messo in guardia chi commette il peccato, ma chi è chiamato a perdonare. Se può perdonare sempre, non è perché sarebbe diventato particolarmente buono o paziente, ma solo perché lui stesso, o lei stessa, vive del solo perdono che Dio gli o le manifesta giorno dopo giorno. Il suo perdono è solo il riflesso di quello di cui vive.
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Infine la fede. È presentata attraverso due paradossi: un albero che obbedisce al punto di sradicarsi da sé, e il fatto che esso vada a piantarsi nel mare, dove di certo morirà. L’esempio è quindi del tutto irreale: ciò non avverrà mai! Se Gesù parla così, non è per il gusto del paradosso, ma perché fissiamo gli occhi (e il cuore) su ciò che davvero importa: non l’effetto della fede ma la sua “dimensione”. L’effetto atteso sarà in primo luogo quel perdono di cui si parlava prima. Perché esso avvenga, non serve un aumento di fede che rischia solo di far crescere in noi l’orgoglio. No! Basta una fede grande come un granello di senapa … appena più di niente! Tale è la fiducia alla quale Gesù c’invita.
fratel Daniel
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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