Contro la religione
La pericope di oggi, strettamente legata a quella che segue, è tra quei testi in cui emerge più che altrove il peso della distanza temporale e culturale tra i testi biblici e il nostro tempo. La tentazione per noi oggi sarebbe quella di liquidare in fretta queste parole come l’attacco di Gesù alla religiosità del suo tempo. Una religiosità che ci appare con la sua regolamentazione minuziosa di moltissimi gesti quotidiani, quantomai esotica e lontana dal nostro modo di pensare. Così facendo però, cioè senza sforzarci di capire, noi ammetteremmo che la pagina di oggi non ha nulla da insegnarci, e questo non può essere mai vero, perché come dice l’Apostolo: “Ciò che accadde è stato scritto, per ammonimento nostro” (1Cor 10,11).
Le norme di purità, abluzioni, lavaggi, e molto altro, hanno una loro sapiente giustificazione non solo dal punto di vista sanitario (e ce ne siamo accorti tutti durante la pandemia), ma anche come tentativo di unificazione della vita: tra interiorità ed esteriorità. Ancor oggi infatti gli ebrei, osservando queste o altre norme simili, cercano di vivere conformando parole e gesti ad una tradizione che deriva dalla Scrittura come norma anche pratica di vita… E volendo guardare, anche diverse nostre pratiche cristiane derivano da quella tradizione, non ultima per esempio, la preghiera prima dei pasti. Gesù quindi non attacca le pratiche in sé, ma la loro assolutizzazione, e la loro insubordinazione rispetto alla Scrittura, rispetto alla Parola di Dio. Facendo così Gesù non inventa nulla di nuovo, ma si inserisce nella grande tradizione profetica che ha tra i suoi temi portanti l’accusa a quei credenti che non agiscono in conseguenza di ciò che pregano: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Is 29,13).
Infatti il grosso rischio sempre presente in ogni pratica religiosa, di oggi come del passato, è proprio quello di diventare un gesto o una pratica fine a se stessa, qualcosa a cui ci si attacca per abitudine e che arriva addirittura a contraddire il significato profondo che gli aveva dato vita. In sostanza la fede ci chiede di aderire ogni volta a quello che si fa. Anche perché ogni volta che si riduce la fede a una pratica religiosa si finisce per giudicare gli altri in base ad essa. Ed è lì che Gesù interviene con durezza, qui come altrove, quando vede un movimento che è incapace di distinguere tra la persona e le sue azioni, tra il peccato e il peccatore. Gesù con queste parole oggi ci chiede di essere fedeli a una sorta di gerarchia della verità, affinché non ci capiti, attraverso un’eccessiva adesione a norme religiose, di trascurare il comandamento di Dio che le ha originate. Ma questo è possibile sottoponendoci quotidianamente al giudizio della Scrittura, che ci riporta costantemente al progetto originario di Dio. Progetto che è sempre per la vita e mai per la morte.
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fratel Raffaele
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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