Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 6 Settembreo 2023

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Annuncio che è guarigione

Gesù compie i primi passi della sua predicazione nei luoghi familiari e nello spazio della comunità riunita in preghiera: un sabato nella sinagoga di Nazaret, il successivo in quella della vicina Cafarnao. Ma, tra i suoi, l’annuncio profetico dell’anno di grazia del Signore – proclamato nella buona notizia annunciata ai poveri, nella liberazione ai prigionieri, nella vista restituita ai ciechi e nella libertà donata agli oppressi – trova rifiuto e ostilità. 

Allora Gesù esce, passa di uscita in uscita, da un villaggio all’altro, da una sinagoga all’altra ma, soprattutto, da un incontro all’altro con gli esseri umani nel bisogno. Scacciato da una sinagoga Gesù va in un’altra – come dirà di fare ai suoi discepoli (cf. Mt 10,23) – e, dopo aver insegnato e guarito tra le mura, ora esce fuori e continua la sua opera: annuncia guarendo e risana evangelizzando. Il brano odierno è attraversato da un fremito di resurrezione, di vita nuova, rinnovata.

La vicenda è racchiusa tra il mattino del sabato e il mattino del primo giorno dopo il sabato, il giorno della resurrezione. E in quel tempo di grazia riecheggiano parole e immagini che rimandano alla vittoria della vita sulla morte. Così la suocera di Pietro viene, letteralmente, “fatta risorgere” (cf. v. 39) dall’avvicinarsi a lei di Gesù. Così malati e indemoniati vengono portati da Gesù al calar del sole, in quella stessa ora in cui, al termine di un altro sabato, le donne potranno andare a comperare aromi per ungere il corpo di Gesù. E il silenzio imposto ai demoni vinti dal miracolo richiama la paura di parlare che avranno le donne sconvolte dal miracolo annunciato loro alla soglia del sepolcro vuoto.

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Gesù stesso al mattino del primo giorno dopo il sabato si leva e scompare nel deserto, là dove Dio parla al cuore del suo popolo e di ogni essere umano. Le folle, l’umanità intera lo cerca, lo raggiunge, cerca di trattenerlo. Ma anche qui, come nel giardino delle resurrezione, il rinvio è verso un altrove, verso una universalità dell’annuncio, verso villaggi che sono luoghi di un’incessante ricominciare, spazi di vita quotidiana in cui riprendono l’annuncio e le guarigioni, quell’annuncio che è guarigione in profondità.

Per noi allora – pellegrini in cammino sulle tracce di Gesù, comunità chiamate a divenire voce della ricerca di tutta l’umanità – per noi ascoltare questa buona notizia intrisa di resurrezione significa accogliere l’invito a uscire con Gesù verso altre città come uomini e donne sanate dai loro mali, significa riconoscere nella nostra vita le tracce delle energie del Risorto, le parole, i gesti, le azioni che sono echi dell’unica Parola pronunciata su di noi e per noi, di quell’unica Parola del Padre per l’umanità tutta, di quella Parola fatta carne che è il Figlio.

fratel Guido

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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