La preghiera, una relazione di vita
“Gesù si trovava in un luogo a pregare”: Gesù uomo di preghiera interpella con la sua vita i discepoli che gli chiedono “Insegnaci a pregare!”. Gesù, nella preghiera al Padre, insegna le parole e i contenuti della preghiera cristiana. Poi prosegue con la parabola di colui che a mezzanotte va dall’amico a chiedere tre pani, e così ci mostra lo stile, il modo della preghiera, e come viverla. Innanzitutto vi è una relazione di amicizia, qui è un’amicizia profonda che permette di rivolgersi all’amico anche a mezzanotte: fuori tempo, fuori luogo. Relazione che si gioca sempre tra due libertà, non vi è nulla di scontato, possono sorgere anche grosse difficoltà. C’è allora un’insistenza fiduciosa, perseverante che non viene meno, non si stanca anche nella reale indisponibilità, come è detto nel libro del Siracide (35,21): “La preghiera del povero attraversa le nubi, non si riposa finché non sia arrivata”.
Chiedere, cercare, bussare … è un atteggiamento interiore, una santa inquietudine del cuore, come l’innamorata nel Cantico dei cantici (3,14) “Ho cercato l’amato del mio cuore …”. Qualcosa che si riprende, si rinnova ogni giorno, non è un’abitudine senza più vigore.
Chiedere, cercare, bussare … cioè restare vivi, e questo serve più a noi che a Dio. Ma anche il Signore sembra tenerci a questa relazione, si lascia cambiare, “convertire”, come già l’Antico Testamento si dice di fronte alla preghiera degli oranti, più o meno famosi. Come ci testimoniano i vangeli, dove Gesù si stupisce, si commuove quando trova una fede (sovente associata a una sofferenza) profonda, incarnata. La fede che apre la porta ai miracoli, ma il primo miracolo è poter vivere una relazione vitale con il Signore.
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Nel brano parallelo del vangelo secondo Matteo (7,7-11) si dice che “il Padre vostro dei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono”, qui nel vangelo secondo Luca è detto “darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono”: è come se Luca precisasse quale sia la cosa buona da chiedere innanzitutto.
Allora è lo Spirito che – come dice Paolo – si unisce al nostro spirito, viene in aiuto alla nostra debolezza: noi infatti non sappiamo pregare in modo conveniente, ma è lo Spirito stesso che intercede in noi con gemiti inesprimibili (Rm 8,26).
Nella parabola si parla di un amico che interviene a favore di un terzo amico, colui che è arrivato da un viaggio. La preghiera non è un fatto privato fra me il mio Dio, si apre sempre a uno sguardo sugli altri, si apre a una comunione. La vera preghiera dilata il cuore non lo rimpicciolisce a pettegolezzi privati.
Abbiamo bisogno di unire la nostra preghiera alla preghiera di Gesù: Gesù che prega i Salmi, Gesù che ringrazia il Padre o intercede per noi. Abbiamo bisogno di mettere la nostra povera fede nella sua fede e rivolgerci al Padre di Gesù che, in lui, è diventato anche il Padre nostro. Abbiamo bisogno che lo Spirito santo dia forza e calore, trasfiguri in fuoco o in brezza leggera il nostro fragile sentire, le nostre povere parole.
fratel Domenico
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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