Quando offri un banchetto
In questo capitolo Luca raduna alcuni insegnamenti di Gesù nel contesto di un pasto. La tavola, luogo di ospitalità, d’incontro e di scambio, è anche luogo in cui l’essere umano rivela molto di sé e dei suoi comportamenti. Gesù “approfitta” di queste occasioni per trasmettere il suo insegnamento.
Il brano odierno, anche sé è di poche parole, contiene un doppio insegnamento, che sta molto a cuore anche all’evangelista Luca.
“Quando offri un banchetto, invita poveri …” (v. 13), ecco, la visione di comunità che Gesù trasmette a chi lo vuole seguire. Essere e/o diventare chiesa povera è l’unica via, perché tutti possano far parte. Ogni altra visione costituirebbe una realtà esclusiva che, nel migliore dei casi, è una collettività che “fa la carità”. Ma questo non è sufficiente per creare quella comunione in cui tutti abbiano il loro posto, riconosciuti come un fratello/una sorella in Cristo.
- Pubblicità -
Gesù dice ancora: “Quando offri un pranzo … non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti …” (v. 12); qui c’è una categoria definita con il pronome personale, che indica una cerchia ristretta, esclusiva, la cerchia dell’”essere tra noi”. Sappiamo che un gruppo che gira su sé stesso presto perderà vitalità e diventerà sterile. Anche questa non è la Chiesa del Signore.
La Chiesa di Cristo, invece, è lo spazio aperto dove tutti – poveri e ricchi, stranieri, amici e parenti, malati e sani, deboli e forti – hanno il loro posto, e insieme cercano di essere una comunione, nella consapevolezza che in Gesù si è debitori dell’amore reciproco, un amore gratuito.
La gratuità è l’opposto di quella dinamica, che gli antichi chiamavano “negotium” – la ricerca delle ricchezze, degli affari, del potere, dei privilegi. La vita costruita sul “negotium” genera esclusione, ingiustizia, dominazione, e alla fine produce morte e infelicità.
Via di felicità, invece, è vivere l’amore come Gesù. “Sarai beato, perché non hanno da ricambiarti” (v. 14). È la beatitudine che nasce dall’amore dato, gratuitamente.
Il brano accenna al discepolo di Cristo come a “al giusto” (v. 14b). Il discepolo di Gesù vive la sua giustizia come amore e misericordia verso tutti. Perché negli occhi del Padre del cielo tutti sono i suoi figli/e a sua immagine e somiglianza, e di conseguenza fratelli e sorelle tra loro. La chiesa è la fratellanza di quelli che si riconoscono e accolgono nella loro diversità e nella loro povertà. Realtà avvolte caotica, pieni di tensioni, ma viva, con il senso di appartenenza a Cristo.
E ancora, la gratuità dice Dio, la gratuità rivela il suo volto di Padre, che ci ha “giustificati (tutti) gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù” (Rm 3,24). Con l’accenno alla resurrezione al versetto 14 comprendiamo, che accedere a questa gratuità non lo possiamo con le nostre forze. La gratuità, come un frutto della resurrezione, cresce in noi come dono che scaturisce dallo Spirito del Cristo crocifisso-risorto. La chiesa di Cristo è quello spazio dove risuona sempre, e sempre nuova, questa parola di Vita e dove è donato lo Spirito del Signore.
sorella Alice
Per gentile concessione del Monastero di Bose
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui