Voi siete il Santo di Dio
“Io so chi tu sei: il Santo di Dio!” (v. 34).
La scena è al limite del grottesco: nella sinagoga, il luogo in cui viene celebrata la Torah, è solo uno spirito cattivo a rivolgere la parola a Gesù; facendosi portavoce di tutti i fedeli convenuti, è lui a gridargli quello che gli altri non hanno l’onestà di ammettere: “Che vuoi da noi?” (v. 34). Tu sei il Santo di Dio, quindi non puoi avere nulla a che fare con noi profani. Ha ragione lo spirito malvagio, ma solo a una condizione: se il Santo resta l’intoccabile, il Totalmente altro, e i profani rifiutano di farsi santificare, allora no, non c’è posto per il Santo di Dio nella santa assemblea! Situazione grottesca, eppure purtroppo tutt’altro che irreale.
Solo qualche folle, indemoniato o profeta che sia, ha l’ardire di dirlo, ma capita che nelle nostre liturgie vengano proclamate e commentate molte parole della Scrittura, incapaci di raggiungerci come Parola; accade che nelle nostre orazioni ci sia molta sacralità, incapace di farsi santità. Capita che molti demoni di qualunquismo, di indifferenza, di abitudine, di quieto vivere abitino tranquilli nelle nostre sinagoghe, silenziando la Parola di Dio che sempre, sempre scomoda, perché ci chiama a conversione, ci invita alla sequela di quel Santo di Dio che è santo nell’uomo.
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E infatti il demone che voleva respingere il Santo di Dio dalla sinagoga, Gesù non si limita a cacciarlo fuori da quel santo luogo, ma gli intima di uscire dall’uomo. “Taci! Esci da lui!” (v. 35), gli ordina, senza lasciargli possibilità di appello. Gesù non se ne fa nulla di sinagoghe, chiese e tabernacoli se non riesce a fare dell’uomo il Santo di Dio, la sua dimora. “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3,16-17).
È da lì, dal cuore umano, che Cristo vuole regnare. E quello dev’essere il centro delle nostre assemblee: “Il demonio lo gettò in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male” (v. 35). Ecco la colonna portante delle nostre chiese: un uomo, una donna che sperimentano la guarigione dal tormento di un cuore diviso e la pace di una rinascita. Allora sì la Parola parla, interroga, suscita quel sano timore che strappa all’indolenza. Ecco il miracolo che sempre si rinnova e che sempre rinnova la chiesa.
Perché, come diceva un padre siriaco, se oggi i miracoli non avvengono più, o meglio avvengono in modo meno spettacolare, non è perché si sia esaurita la grazia, ma al contrario “perché Dio ci ha mostrato la sua grazia una volta per tutte e ha posto in noi segretamente il dono del suo Spirito. Ci ha comandato di cercare la sua rivelazione dentro di noi” (Filosseno di Mabbug).
Ormai la responsabilità di far sì che nelle nostre chiese il Santo di Dio non sia fuori luogo non ricade solo su predicatori o guide carismatiche, ma su ciascuno di noi, rinati dall’acqua e dallo Spirito (cf. Gv 3,5) e chiamati a divenire pietre vive (cf. 1Pt 2,5) del tempio del Dio vivente.
fratel GianMarco
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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