Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 5 Ottobre 2020

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In un altro brano evangelico sarร  un notabile ricco a chiedere a Gesรน cosa fare per ereditare la vita eterna (Lc 18,18-23), oggi รจ un dottore della Legge. Lร  Gesรน stesso risponderร  con le parole del Decalogo, qui รจ lo scriba che, sollecitato a compiere il suo ministero di interprete โ€“ โ€œcosa sta scritto, cosa vi leggi?โ€ โ€“ risponde citando lo Shemร  Israel. Ma per lui, come per il notabile, la domanda non รจ esaurita: entrambi rilanciano, come se lo โ€œsta scrittoโ€ e il farne memoria mettendolo in pratica non bastassero per avere la vita.

Permane una mancanza, un vuoto da colmare: per il notabile discernere questa carenza interiore, disfarsi dei beni e seguire Gesรน; per il dottore della Legge discernere il proprio prossimo, disfarsi di un ruolo e prendersi cura della persona ferita. Per passare dallo โ€œsta scrittoโ€ al โ€œcosa vi leggiโ€, perchรฉ la Scrittura diventi Parola per me oggi, รจ necessaria unโ€™opera di discernimento: della lettera, certo, ma anche di chi sono io, di chi mi รจ accanto e di quanto mi accade.

Ora, รจ significativo che lo โ€œsta scrittoโ€ della parabola ci indichi i personaggi dellโ€™episodio: innanzitutto cโ€™รจ โ€œun uomoโ€, senzโ€™altra qualifica, ne ignoriamo lโ€™etnia, lโ€™etร , la professioneโ€ฆ รˆ lโ€™essere umano nella precarietร  della sua condizione di viaggiatore solitario. Poi ci sono i briganti, che fanno il loro mestiere. Poi un sacerdote e un levita, entrambi definiti per la loro funzione, il loro ruolo, il loro ministero nella comunitร  dei credenti, i quali tuttavia tale ministero non lo esercitano: non fanno nulla per lโ€™uomo nel bisogno, non si fanno mediatori tra il ferito e il suo bisogno di guarigione, non si fanno intercessori tra la miseria incontrata e la misericordia invocata. Infine cโ€™รจ un samaritano, presentato a partire dalla sua appartenenza etnica e religiosa โ€“ uno straniero eretico โ€“ ma poi definito per la sua identitร  profonda che si fa manifesta: รจ colui che ha avuto compassione, il Compassionevole. Cโ€™รจ ancora lโ€™albergatore, di cui non si registra nessuna azione, ma che รจ lโ€™unico ad ascoltare una parola del Compassionevole: la metterร  in pratica? E il dottore della Legge, che ascolta la parabola, farร  lo stesso?

A queste domande il Vangelo non dร  risposta, non puรฒ darla: siamo noi, lettori e ascoltatori della Parola, che dobbiamo darla, perchรฉ siamo noi lโ€™albergatore e lo scriba di cui parla il Vangelo. Sappiamo che i padri della chiesa nello โ€œsta scrittoโ€ dellโ€™episodio del samaritano hanno saputo leggere la parabola dellโ€™incarnazione: lโ€™umanitร  che giace ferita, Dio che ne ha compassione, le si fa prossimo nel Figlio, il quale se ne prende cura, poi la affida alla chiesa fino al suo ritorno. Il buon samaritano, il Compassionevole รจ dunque Cristo, e noi possiamo solo seguirlo sulla strada tracciata, facendo altrettanto.

Ma in questa lettura siamo anche lโ€™albergatore che ha ricevuto dei talenti per prendersi cura dellโ€™uomo ferito: i talenti che Dio ci ha dato non danno frutto migliore che la cura di chi ci รจ prossimo, per vicinanza, ma soprattutto per solidarietร  nella miseria, per com-passione. Due denari per aver cura del fratello, della sorella, fino al suo e nostro ristabilimento nella vita piena, fino al ritorno del Compassionevole.

fratel Guido


Fonte

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