In un altro brano evangelico sarร un notabile ricco a chiedere a Gesรน cosa fare per ereditare la vita eterna (Lc 18,18-23), oggi รจ un dottore della Legge. Lร Gesรน stesso risponderร con le parole del Decalogo, qui รจ lo scriba che, sollecitato a compiere il suo ministero di interprete โ โcosa sta scritto, cosa vi leggi?โ โ risponde citando lo Shemร Israel. Ma per lui, come per il notabile, la domanda non รจ esaurita: entrambi rilanciano, come se lo โsta scrittoโ e il farne memoria mettendolo in pratica non bastassero per avere la vita.
Permane una mancanza, un vuoto da colmare: per il notabile discernere questa carenza interiore, disfarsi dei beni e seguire Gesรน; per il dottore della Legge discernere il proprio prossimo, disfarsi di un ruolo e prendersi cura della persona ferita. Per passare dallo โsta scrittoโ al โcosa vi leggiโ, perchรฉ la Scrittura diventi Parola per me oggi, รจ necessaria unโopera di discernimento: della lettera, certo, ma anche di chi sono io, di chi mi รจ accanto e di quanto mi accade.
Ora, รจ significativo che lo โsta scrittoโ della parabola ci indichi i personaggi dellโepisodio: innanzitutto cโรจ โun uomoโ, senzโaltra qualifica, ne ignoriamo lโetnia, lโetร , la professioneโฆ ร lโessere umano nella precarietร della sua condizione di viaggiatore solitario. Poi ci sono i briganti, che fanno il loro mestiere. Poi un sacerdote e un levita, entrambi definiti per la loro funzione, il loro ruolo, il loro ministero nella comunitร dei credenti, i quali tuttavia tale ministero non lo esercitano: non fanno nulla per lโuomo nel bisogno, non si fanno mediatori tra il ferito e il suo bisogno di guarigione, non si fanno intercessori tra la miseria incontrata e la misericordia invocata. Infine cโรจ un samaritano, presentato a partire dalla sua appartenenza etnica e religiosa โ uno straniero eretico โ ma poi definito per la sua identitร profonda che si fa manifesta: รจ colui che ha avuto compassione, il Compassionevole. Cโรจ ancora lโalbergatore, di cui non si registra nessuna azione, ma che รจ lโunico ad ascoltare una parola del Compassionevole: la metterร in pratica? E il dottore della Legge, che ascolta la parabola, farร lo stesso?
A queste domande il Vangelo non dร risposta, non puรฒ darla: siamo noi, lettori e ascoltatori della Parola, che dobbiamo darla, perchรฉ siamo noi lโalbergatore e lo scriba di cui parla il Vangelo. Sappiamo che i padri della chiesa nello โsta scrittoโ dellโepisodio del samaritano hanno saputo leggere la parabola dellโincarnazione: lโumanitร che giace ferita, Dio che ne ha compassione, le si fa prossimo nel Figlio, il quale se ne prende cura, poi la affida alla chiesa fino al suo ritorno. Il buon samaritano, il Compassionevole รจ dunque Cristo, e noi possiamo solo seguirlo sulla strada tracciata, facendo altrettanto.
Ma in questa lettura siamo anche lโalbergatore che ha ricevuto dei talenti per prendersi cura dellโuomo ferito: i talenti che Dio ci ha dato non danno frutto migliore che la cura di chi ci รจ prossimo, per vicinanza, ma soprattutto per solidarietร nella miseria, per com-passione. Due denari per aver cura del fratello, della sorella, fino al suo e nostro ristabilimento nella vita piena, fino al ritorno del Compassionevole.
fratel Guido
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui