Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 4 Novembre 2022

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La nostra ricchezza è il prossimo

Sembra che la parabola narrata oggi da Gesù abbia l’effetto contrario di quelle che precedono il nostro brano. Se le altre, attraverso la semplicità del discorso e l’immediatezza delle immagini, raggiungono gli ascoltatori di Gesù e il lettore in modo immediato, la parabola di oggi lascia perplessi, forse confonde le idee e anche scandalizza. Ma questi stati d’animo sopraggiungono se ci accostiamo al testo con occhi che non guardano e orecchi che non ascoltano. Non si tratta di soffermarci sulla condotta morale di questo amministratore, si tratta di cercare di capire che cosa Gesù voglia dirci attraverso questa figura.

È evidente che il tema principale è il nostro rapporto con le ricchezze, ma Gesù si sofferma anche sul modo di agire dell’amministratore che non si blocca e non cade in una passività che lo lascia sul lastrico dopo che il padrone lo ha licenziato a causa della sua infedeltà. Nel testo è centrale la domanda: “Che cosa farò ora?” (v.3). E da lì nasce la ripresa dell’attività del servo scaltro. Gesù ci sprona ad usare la nostra intelligenza – qui si parla soprattutto di “scaltrezza” – per toglierci da situazioni difficili, anche da crisi che potrebbero portarci alla passività e al rimanere a piangere la nostra miseria e disgrazia.

Gesù ci chiede di metterci in movimento, di pensare e di agire e, se l’amministratore prende delle soluzioni che rispecchiano il suo modo di agire – prima era vissuto nell’inganno e ora continua con una soluzione discutibile -, ai discepoli e a noi è chiesto di imitarlo nella sua dinamica e intraprendenza ma secondo quel modo di agire che Gesù per primo ha vissuto.

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Attraverso la scaltrezza dell’amministratore Gesù inserisce un dato fondamentale dell’agire cristiano: quello della condivisione. L’amministratore, coscientemente o no, capisce che ciò che lo salverà dal lastrico sarà la sua nuova relazione che instaurerà con gli altri, nel suo caso con i suoi creditori, nel nostro caso con i nostri compagni di viaggio verso il Regno. La scaltrezza ha fatto aprire gli occhi al servo infedele sul fatto che nel suo orizzonte non c’è solo l’accumulo della ricchezza, ma c’è l’altro, il fratello che potrà ospitarlo al momento del bisogno. Ai discepoli, a noi che leggiamo oggi questo testo, la parabola dice che la nostra ricchezza è il prossimo e da lui e per lui dipende il nostro agire.

Infine la parabola termina con un’affermazione di Gesù non chiara. Chi sono i figli di questo mondo? Chi sono i “figli della luce”? Al di là delle numerose e lecite spiegazioni che sono state date a queste due categorie, penso che Gesù ci chieda di guardare la nostra parte di “figli del mondo” e quella di “figli della luce”.

Ovvero in noi abbiamo entrambe le parti, si tratta di metterle in comunicazione e di non pensare di essere solo una di esse, facilmente quella dei figli della luce, che critica e giudica l’altra. La luce che ci abita può illuminare e guidare quella parte di “figli del mondo” che ci abita che spesso ci porta all’infedeltà e all’ingiustizia; e quest’ultima parte può darci quella dinamica e, per restare nella parabola, quella scaltrezza che ci permette di agire e di trovare soluzioni concrete per la nostra vita. L’importante è che ci sia questa collaborazione tra le due parti.

sorella Beatrice

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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