Spesso i vangeli presentano Gesù che partecipa a banchetti. La sua presenza a banchetti è una parabola in atto: mangiando insieme a pubblicani e peccatori, Gesù narra il Dio che va in cerca di chi è perduto e che estende la sua comunione a chi è lontano. Ma Gesù accoglie anche l’invito di persone religiose, come i farisei (cf. Lc 7,36; 14,1). Il banchetto era una pratica sociale di grande valenza simbolica: gli invitati a pranzo erano persone dello stesso ceto sociale o legate da vincoli di amicizia o di parentela. E questo, tanto allora quanto oggi. L’invito era rivolto a persone in grado di ricambiare il favore in un rapporto di reciprocità. Così, nei confronti dei poveri era motivo di onore l’elemosina, ma non certo l’invitarli a pranzo.
Nell’elemosina il rapporto resta asimmetrico e viene confermata la superiorità di colui che dona. Anche la disposizione dei posti al banchetto rivelava il rango e l’onore di ciascuno dei commensali. Gli invitati che si mettono ai primi posti senza che questo sia stato loro indicato dall’anfitrione, rischiano l’umiliazione di dover lasciare il posto a un invitato più ragguardevole (cf. Lc 14,7-11). Gesù, nelle parole riferite dal nostro brano evangelico, sovverte questa logica dell’onore e mostra come il paradosso del vangelo dovrebbe abitare nel quotidiano delle vite portando la sconvolgente novità dell’agire di Dio tra le mura domestiche e nelle relazioni quotidiane. Gesù chiede di non invitare né amici, né parenti né i ricchi vicini, spezzando sul nascere la logica del contraccambio. Le logiche familiari, amicali e economiche sono sconvolte. Gesù sta dicendo: “Fate scendere la logica del Dio che sceglie l’ultimo, che predilige il povero e il più piccolo, che ama senza cercare contraccambio, nelle vostre relazioni quotidiane”.
Il vangelo è paradosso dall’inizio alla fine: gli ultimi diventano primi, chi si abbassa viene innalzato; gli afflitti sono beati; i lavoratori dell’undicesima ora ricevono la stessa paga di chi ha lavorato tutto il giorno; chi riceve uno schiaffo è invitato a porgere l’altra guancia; chi perde la propria vita per il vangelo la guadagna… Il paradosso esprime il cuore della logica di sovrabbondanza e di eccesso di Dio, quindi di Gesù, e pertanto della fede cristiana. In questa logica paradossale, chi invita senza attendere reciprocità, perché invita a pranzo una compagnia di miserabili che non hanno la possibilità di contraccambiare, entra nella sfera della beatitudine. Entra nella sfera dell’onore pensato secondo Dio e non secondo criteri mondani. Partecipa dell’agire di Dio, e così si mostra profetico. Ma la profezia, quando diventa prassi quotidiana, costa: chi invitasse a casa propria poveri e emarginati preferendoli a famigliari e vicini, ad amici e parenti, rischierebbe di suscitare incomprensione e gelosia, di compromettere i rapporti affettivi elementari, di incrinare i rapporti di buon vicinato, di offendere gli amici, di vedersi a sua volta non più invitato dai “ricchi vicini”. Ma quel pasto diventerebbe annuncio del banchetto del Regno dove la gratuità dell’amore di Dio è l’unica fonte di onore.
fratel Luciano
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14, 12-14
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Parola del Signore