Come un granello di senape
Due brevi parabole che anche chi di noi sa poco di coltivazione dell’orto e di panificazione ritiene di conoscere fin troppo bene, come se l’antichità e l’universalità del lavoro dell’agricoltore e della massaia fornissero a ciascuno gli strumenti sufficienti per cogliere immediatamente il senso della parole di Gesù, la similitudine che offrono del regno di Dio.
Ma scrutando questi pochi versetti senza la fretta di chi pensa di aver capito tutto subito, possiamo cogliere alcuni aspetti non immediatamente evidenti della buona notizia per noi oggi. Del resto, anche la fatica e il lavoro del seme di senape in terra e del lievito nella pasta non sono visibili ai nostri occhi.
Partiamo allora da un dato apparentemente marginale: il Vangelo ci dice che il granello di senape è il più piccolo di tutti i semi, eppure è lo stesso Vangelo che ci ricorda che esiste qualcosa di più piccolo ancora di un granello di senape: la nostra fede, la fede di noi discepoli del Signore. Se solo l’avessimo grande come un granello di senape, infatti, riusciremmo a spostare ostacoli grandi come montagne…
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Ora, con questa nostra minuscola fede, ci possiamo accorgere che le due realtà prese ad esempio hanno sì ciascuna una forza intrinseca che agisce da sola, eppure c’è bisogno dell’intervento umano: un uomo che prende il seme e lo semina, una donna che prende il lievito e lo mescola, anzi lo “nasconde”. Così accade con il regno di Dio: agisce automate, “da sé” (cf. Mc 4,28), eppure l’innesco di questa forza vitale nell’impasto di terra o di farina della nostra quotidianità è dato dal nostro agire nell’oggi della storia.
Ma un aspetto che ancor più ci sorprende è il ritrovarci così tanto abituati a sentire questa parola del Signore, da credere che la stagione del seme minuscolo e del pizzico di lievito appartenga al passato, al momento in cui Gesù ha pronunciato quelle parole, mentre ora saremmo già di fronte all’albero che accoglie i nidi degli uccelli e al pane lievitato e addirittura già cotto e condiviso. Ma il Vangelo non ci dice questo: il regno infatti non si è ancora sviluppato nella sua pienezza, al punto che il Signore stesso ci ha insegnato a invocarne ogni giorno la venuta. Anche la chiesa, come possiamo sperimentarla noi, è anticipazione, premessa e promessa del regno che viene, ma non ancora sua realizzazione piena.
Eppure, è ancora il Vangelo a dirci che il regno di Dio si è avvicinato in Gesù di Nazareth, anzi è in mezzo a noi, come lo è stato e lo è sempre il Signore risorto, fine alla fine del mondo. È vero: già oggi il regno di Dio è in mezzo a noi, ma ancora sotto le spoglie di un granello di senape, di un pizzico di lievito, di “uno di questi miei fratelli più piccoli”, di un bicchiere d’acqua dato all’assetato, di due spiccioli gettati nel tesoro del tempio, di qualche briciola caduta dalla tavola per i cagnolini, di pochi pani e due pesciolini, di un flusso di sangue che si arresta, di un cielo che si tinge di rosso, di un’onda che si placa, di una rete da pesca che si spezza, di un vasetto di profumo versato…
Sta a noi saperlo scorgere e indicarlo a quanti ci stanno accanto, a coloro dei quali siamo chiamati a farci prossimo. Del resto parabole e similitudini ci vengono narrate ancora oggi per fare di noi dei semplici inneschi della potenza di Dio, echi della Parola del Signore che vuole proclamare nell’oggi di ogni essere umano quella verità di amore che è fin dalla fondazione del mondo: nascosta sì, ma non per essere sottratta, bensì per restare custodita. Nascosta nelle fondamenta, perché l’amore è “fin dalla fondazione del mondo”, perché l’amore è la fondazione del mondo.
fratel Guido
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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