Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 31 Gennaio 2020

I due racconti del seme che cresce da solo e del granello di senape chiudono la sezione delle parabole del capitolo 4 di Marco. Gesù, venuto ad annunciare con parole e gesti l’approssimarsi del regno di Dio, in disparte ne spiega il significato ai discepoli, “come essi potevano intendere” (Mc 4,33). La parola del Regno chiede la disponibilità a lasciarsi coinvolgere dal suo messaggio; non si impone, lascia a noi la libertà di accoglierla, condizione questa per diventare discepoli del Signore e vivere in relazione con lui.

Nella prima parabola siamo invitati a osservare il lavoro del contadino perché la stessa cosa succede al regno di Dio:  questo non è il prodotto di sforzi umani, ma di una Parola seminata nel solco della storia che germoglia misteriosamente; nascondimento e irrilevanza ne caratterizzano gli inizi. La vita palpita in ciò che è umile e non visibile, come il seme affidato alla terra: esso germina e si sviluppa, “sia che l’uomo dorma o vegli, di notte o di giorno” (Mc 4,27). Non è necessario sapere in che modo; è un vero miracolo che ogni volta si ripete e desta meraviglia.

Dopo il tempo della semina e della crescita, giunge quello della mietitura, immagine che nel linguaggio biblico descrive il giudizio. Questo, sappiamo bene, verterà per ciascuno di noi sulla pratica di giustizia e di misericordia. “Amatevi gli uni gli altri, intensamente, di vero cuore, rigenerati non da un seme corruttibile, ma incorruttibile, per mezzo della Parola viva ed eterna” (1Pt 1,22-25). L’ascolto della Parolaopera in noi una trasformazione, come accade al seme; ci fa sperimentare un rinnovamento, effetto della grazia di Dio che attraversa i nostri sforzi quotidiani per renderci più simili a Gesù Cristo, capaci di portare il frutto dell’amore.

Il frutto dell’agape reca in sé una dinamica di morte e resurrezione, di perdita della propria vita per ritrovarla salvata, perché vissuta nell’amore. Come il granello (kokkos) di frumento caduto a terra, che morendo può dare vita (Gv 12,24): Gesù stesso è il seme destinato a scomparire nel buio della terra per manifestare energie di resurrezione. 

La seconda parabola mette in luce il contrasto tra un inizio piccolo e insignificante e l’esito finale: il granello (kokkos) di senape piantato in terra diventa albero dove tutti gli uccelli del cielo trovano riparo e ristoro. La buona notizia del regno è per tutti; l’amore effuso in noi deve dilatarsi e farsi spazio di accoglienza per i nostri fratelli, cominciando dagli ultimi. L’umiltà degli inizi non va contestata: siamo un “piccolo gregge” al quale Dio si è compiaciuto di dare il suo regno (Lc 12,32).

Tra il tempo della semina e il raccolto sta il tempo dell’attesa paziente e della speranza. Tempo propizio per imparare a osservare e a discernere il nuovo che il Signore sta preparando per noi e attorno a noi: lasciamo fare a lui, rifuggiamo l’ansia del protagonismo non richiesto. A noi piuttosto è chiesto di fare bene ciò che ci è stato affidato nella quotidianità delle situazioni; come il contadino che semina e predispone tutto per il pieno sviluppo della semente. Dalla promessa del Signore possiamo attingere forza per affrontare il presente. 

Fratel Salvatore

Fonte

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI

L’uomo getta il seme e dorme; il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 4, 26-34 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. Parola del Signore

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