Il dono e la legge
C’è un susseguirsi di interrogativi e abbozzi di risposte alla domanda chi è Gesù che attraversa l’intero evangelo di Marco, non solo il testo odierno: la risposta giunge solo alla fine, e a darla è il centurione romano sotto la croce, un pagano.
Le risposte riportate ripercorrono la storia di Israele e di quanti in vario modo sono stati voce di Dio per il popolo: da Elia, ai profeti sino a Giovanni il Battista.
L’essere profeti annunciatori del regno di Dio e delle sue esigenze si scontra inevitabilmente con l’arroganza dei potenti: qui è Erode per Giovanni Battista.
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Le parole di verità risultano scomode non solo per i potenti di ieri ma anche per quelli di oggi e per noi tutti. Interpellano su chi siamo, come agiamo, che cosa abita il nostro cuore, quali e quante ingiustizie vengono compiute e da noi non denunciate, quale oppressione verso i poveri e i deboli è perpetuata senza che cambiamo nulla nel nostro stile e abitudine di vita per opporci ad essa.
A fornire una risposta sull’identità di Gesù è anche Erode, il tiranno di turno, che lega la sua curiosità verso Gesù al ricordo di Giovanni il Battista che egli aveva fatto decapitare in forza di un giuramento futile per compiacere sé stesso e i suoi commensali.
La vicenda è misera e triste. Un vecchio re infatuato dalla danza di una giovane fanciulla leggiadra arriva persino a prometterle metà del suo regno.
Ma alle loro spalle c’è chi trama: Erodiade, madre della fanciulla e moglie illegittima di Erode. Ella odiava Giovanni Battista perché aveva denunciato il suo adulterio: pur vivendo con Erode era però già moglie di Filippo fratello dello stesso Erode. Erodiade attendeva solo il momento propizio per far uccidere Giovanni che Erode temeva, sapendolo uomo giusto e santo.
Un profeta, una giovane fanciulla e un vecchio re. Un profeta che denuncia l’ingiustizia con fermezza e coraggio, consapevole che questo mette a repentaglio la sua vita. Una giovane fanciulla sottomessa alla volontà di una madre abitata dall’odio. Un vecchio re incapace di dar seguito alla sua considerazione di Giovanni e di tenere testa a una richiesta assurda per una stupida promessa.
In gioco c’è una vita, quella di Giovanni, la vita che annuncia la verità è falciata dalla spada della inettitudine di un vecchio re, dalla superficialità di una giovane fanciulla e dall’odio per il giusto di sua madre.
Quella che era iniziata come una festa di compleanno diviene la sagra della follia e della menzogna. “Perisce il giusto, nessuno ci bada. I pii sono tolti di mezzo, nessuno ci fa caso. Il giusto è tolto di mezzo a causa del male. Egli entra nella pace”, ci ricorda il profeta Isaia (57,1-2). Quando ciò che guida una vita è la menzogna tutto diviene possibile, cade ogni remora, il disprezzo e l’annientamento dell’altro visto come ostacolo sono all’ordine del giorno. Quando prendono il sopravvento la miseria umana, la viltà e l’odio, quando si smarrisce il senso della vita stessa l’umano è finito, c’è spazio solo per la violenza e la morte.
Giovanni è stato decapitato, i suoi discepoli vengono a prenderne il corpo per la sepoltura: il giusto trova riposo, la verità non è morta. In quelle poche parole aleggia la stessa attesa del sabato santo. Anche in questo Giovanni attende Gesù che venga a ridonare vita a chi la vita ha donato per la giustizia.
fratel Michele
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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