“Vedere” accanto a noi gli angeli di Dio
I pochi versetti di oggi, scelti dalla liturgia per la festa degli angeli e messaggeri del Signore, sono incentrati sul “vedere”: Gesù è un uomo capace di “visione”, vede una realtà (Nicodemo che gli viene incontro), ma sa leggere tale realtà nel suo divenire storico-salvifico, sia passato (lo sguardo di Gesù si è posato su di lui ben prima di quell’incontro) che futuro (promette a Nicodemo che arriverà a vedere a sua volta la realtà con un altro sguardo, quello di Dio). Visione, quindi, che traversa presente, passato e futuro.
Ma il testo spiazza, perché promette a ciascun credente, a ciascuno di noi, qualcosa che non è affatto scontato nell’esperienza della quotidianità: “vedrete i cieli aperti e angeli salire e scendere sopra al Figlio dell’uomo”. Ci è promesso che vedremo questo, e che questo è più grande addirittura dell’esperienza del sapersi e sentirsi visti dal Signore in un momento di grazia della nostra vita (v. 50). Cosa vuol dire qui Gesù?
In tutta la Scrittura, dal libro della Genesi a quello dell’Apocalisse, incontriamo figure angeliche. Nella vita stessa di Gesù sono state presenze costanti. È un angelo che annuncia a Maria la nascita di Gesù (cf. Lc 1,26); sono gli angeli che invitano alla gioia per la sua nascita (cf. Lc 2,9.13); sempre angeli saranno al fianco di Gesù per sostenerlo nella tentazione (cf. Mt 4,11) e in quella lotta della preghiera che è l’agonia al Getzemani (cf. Lc 22,43); infine un angelo permetterà alle donne di accedere all’insperato di fronte alla tomba vuota: la fede nella resurrezione del Signore (cf. Mt 28,2). Essi poi accompagneranno il ritorno del Figlio dell’uomo (cf. Mt 13,41; 25,31).
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E così, ripercorrendo questi testi possiamo comprendere come gli angeli non siano mai i protagonisti dell’evento narrato, ma siano sempre presenze al servizio della storia della salvezza, manifestazioni di Dio in ogni luogo e in ogni situazione a favore dell’uomo; ogni volta in modo creativo e premuroso.
Quando dice “angelo”, insomma, l’uomo biblico cerca di esprimere con parole umane il mistero della presenza di Dio operante nel concreto della vita degli uomini. Occorre però affinare lo sguardo per arrivare a “vederli”: perché non va da sé cogliere nella concretezza della nostra quotidianità l’intervento benevolo del Signore, la manifestazione del suo amore e della sua misericordia, del suo perdono.
Giacobbe aveva sognato una scala tesa tra cielo e terra, con un via-vai di angeli a simboleggiare la custodia premurosa del Dio Altissimo per il suo popolo, in ogni luogo, in ogni momento (cf. Gen 28,12); ora Gesù ci dice, riprendendo quella stessa immagine nel v. 51, che quel via-vai di angeli è un ponte gettato da Dio stesso verso ogni uomo, nel dono del Figlio; è segno dell’amore vivace, attivo, creativo, trepidante, sempre all’opera da parte del Signore il cui unico scopo è la salvezza di ogni uomo, perché tutti possiamo giungere alla gioia del Regno. Questo solo desidera per noi, per questo ci ha donato Gesù.
Preghiamo il Signore perché ci doni la grazia di arrivare a “vedere” le manifestazioni del suo amore nelle nostre povere vite. Allora sarà gioia piena.
sorella AnnaChiara
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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