Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 29 Novembre 2019

Il tempo liturgico di avvento in cui la chiesa invita a sostare ricorda che la venuta gloriosa del Figlio dell’uomo è annunciata dal regno di Dio presente in mezzo a noi, “il regno di Dio è in voi” (Lc 17,21), e nelle situazioni quotidiane via via evocate, “cominciando queste cose a venire” (v. 28), che aprono alla liberazione, “beati voi perché vostro è il Regno” (Lc 6,20), vostro senza possesso.

Nel mezzo di difficoltà, rivolte, angosce, tradimenti, “alzatevi, guardate in alto” (v. 28), questo è l’invito a non perdere il coraggio perché il Regno, la presenza del Signore, sta lì nel mezzo. La venuta del Signore è nella croce, è nel tessuto concreto e lacerato della vicenda umana. Alla domanda: “Quando accadrà, che cosa sarà, come riconoscerla?”, Gesù replica con una parabola.

Le ferite che i germogli infliggono agli alberi appartengono al passato che sta alle spalle. In altri termini sono gli eventi della croce, la croce è la venuta del Figlio dell’uomo, egli è la nostra liberazione. Come il frutto è già nel germoglio, così il regno e la salvezza sono nelle contrarietà del presente. Diventa allora importante guardare l’albero della croce non come un albero secco, sterile, ma come luogo della salvezza per ogni credente, come lo è stato per il ladrone: “Oggi sarai con me in paradiso”. Guardare alle parole del Signore come il contadino guarda ogni singolo albero per vederne crescere i frutti, certi che le sue parole non finiranno mai di scuotere il credente.

Guardare in avanti, alzare il capo, questo è l’invito a non scoraggiarsi, per non soccombere al male, alle ferite, alle tribolazioni che la vita ci mette di fronte. Guardare in faccia la realtà, guardare a colui che ha sofferto per avere seminato l’amore, guardare a Cristo, alla sua croce come il frutto maturo da raccogliere che porta nuova vita. La croce è il legno in cui germina il frutto della storia. Il fico non è più sterile ma diventa fecondo e porta frutto sulla terra (cf. Sal 85,13). Le sue foglie invece di coprire le nudità servono a guarire tutte le nazioni (cf. Ap 22,2). 

L’albero della croce è la prossimità di Dio all’umanità, è la porta per entrare ed essere accolti nel suo Regno già ora e sempre. “L’amore appare sulla croce e unisce il cielo e la terra” (Innario della liturgia di Bose).

Cosa resta veramente della vita, della storia? Tutte queste cose passeranno, l’uomo vivrà tribolazioni, guerre, carestie, ma il seme di bene che sa coltivare e far crescere darà frutto di liberazione che lascerà il suo segno. Osservare e tenere alto lo sguardo senza temere il male ma testimoniare con la propria vita che la speranza è sempre vicina, è linfa vitale. La ferita inferta dalla croce apre alla resurrezione e alla salvezza per tutti come la ferita sull’albero inferta dal germoglio. Le nostre ferite accolte e accettate portano a vedere che c’è una possibilità generativa che si apre davanti. 

Da qui l’invito ad attendere con perseveranza.

“Ci viene incontro il Figlio dell’uomo / leviamo il capo con grande fiducia / egli ci asciuga le lacrime agli occhi / ormai siamo giunti alla fine dei tempi” (Innario della liturgia di Bose).

sorella Francesca

Fonte

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI

Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21, 29-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Parola del Signore

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