Amicizia creativa e liberante
Gesù ricorre alla lingua dell’amicizia per esprimere il cuore della relazione dei credenti con lui (Gv 15,13-17). Lo fa, perché conosce l’amicizia. Nel vangelo si parla di tre suoi amici, Marta, Maria e Lazzaro (Gv 11). L’amicizia è perciò la chiave per leggere il vangelo della loro festa.
Osservando la scena pensiamo Gesù in cattedra che fa la lezione a Maria. Il testo dice sobriamente: “Maria ascoltava la sua parola”. Non sappiamo che cosa ascolti: c’è un mistero che rimane disponibile solo agli amici. Si evidenzia un atto: l’amica dona all’amico l’ascolto. Questo modifica non solo chi lo pratica – Maria -, ma anche chi ne è oggetto – Gesù. Non c’è una comunicazione unilaterale che scende dal maestro alla discepola seduta ai suoi piedi. Non c’è la discepola che pende passiva dalle labbra del maestro, al di là della retorica che esalta la trasgressione di Maria agli usi del tempo, perché assume un ruolo prettamente maschile, la postura del discepolo con il maestro. È poco, troppo poco rispetto alla rivoluzione dell’amicizia.
Ascoltare un essere umano è incominciare a salvarlo. Ascoltare con amore il racconto di sé che un altro fa è dargli diritto di esistere nella storia. È strapparlo dall’anonimità e dalla irrilevanza. L’ingresso di Gesù in quella casa, esito dell’iniziativa di Marta, innesca il gioco della libertà. Maria vi acconsente e lo rilancia a Gesù. Ascoltandolo ripropone il gioco della libertà a Gesù stesso. Il suo silenzio diviene il luogo in cui Gesù può raccontarsi. Non deve dimostrare nulla; si sa accolto nella propria nudità. Può liberarsi del ruolo di maestro, di terapeuta, di leader di un gruppo e semplicemente esistere affrancato dalle costrizioni del quotidiano. Raccontare di sé, di quel che lo preoccupa, delle proprie incertezze e paure, dei dubbi. Di quelle emozioni che non riesce né può confessare ai discepoli. Ridere e scherzare.
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Cedere a una dimensione di gioco e gratuità rispetto alle quali normalmente lo vedremmo fuori posto, lui preso così seriamente dall’annuncio del regno di Dio. Chiedere poi una parola, un consiglio. Magari uno sguardo altro su quello che vive e le ha appena raccontato. Probabilmente trovare consolazione e conforto, una spalla a cui appoggiarsi per un momento davanti all’incombere della morte, come racconta il banchetto a casa dei tre amici (Gv 12,1-8).
C’è altro. Ogni amicizia è unica. La relazione che lega Gesù a Maria è diversa da quella che lo lega a Marta o a Lazzaro. Perciò ci si sofferma solo su un nome, non per escludere gli altri due ma per puntualizzare la dinamica che vale per ogni amicizia. La relazione fra Gesù e Maria è intima e santa come la terra che circonda il roveto ardente e in cui Mosè può entrare solo scalzo. Con Maria di Gesù emerge e si sviluppa qualcosa altrimenti impensabile e impossibile, e con lui a lei succede qualcosa di simile.
È il dono grande che si scambiano gli amici. A Gesù Maria rende possibile qualcosa che senza di lei in lui non sarebbe mai accaduto. Non qualcosa di nascosto in lui che attende lei per sbocciare, ma qualcosa di totalmente nuovo che proprio l’incontro con lei semina in lui. Così gli amici si donano reciprocamente la vita. Perciò le relazioni d’amicizia ci fanno vivere.
fratel Davide
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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