Voce che inchioda la corruzione
“Io ho fatto sempre una gran differenza fra uomini e uomini:
scelgo i miei amici per la loro bellezza, le mie conoscenze per il buon carattere, e i miei nemici, per la loro intelligenza.
Un uomo non sarà mai troppo cauto nello scegliersi i nemici
e io non ne ho avuto mai uno che fosse pazzo: sono tutti persone di un certo vigore intellettuale”
(Oscar Wilde, Ritratto di Dorian Gray).
L’evangelista Marco ci fa entrare in questo brano con un espediente quasi cinematografico. Nei versetti precedenti si racconta l’inizio della vita pubblica di Gesù e le reazioni che la sua presenza provoca. L’energia di questo rabbi di Nazaret arriva alle orecchie di Erode attraverso il paragone con Giovanni il battezzatore. È lo stesso Erode che afferma che non può essere Giovanni, lui stesso ha dato l’ordine di ucciderlo. Da questa affermazione parte il flashback che ci riporta a come e perché Giovanni è stato ucciso.
Il motivo delle catene di Giovanni è Erodiade, Erode sposa la moglie di suo fratello. Giovanni lo accusa pubblicamente di essere in errore: non è lecito sposare la moglie del proprio fratello. La posizione di Erodiade e di Erode rispetto a Giovanni è però diversa. Erodiade porta rancore verso Giovanni e attende il momento giusto per poterlo uccidere, la sua voce è insostenibile per lei, e non potendola sostenere preferisce annientarla. Marco ci dice che seppur Erodiade era riuscita a ottenere il carcere per Giovanni tuttavia non poteva arrivare a ucciderlo. Tra il suo rancore e l’attuazione della vendetta si frappone la volontà di Erode.
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Il legame tra Erode e Giovanni è del tutto particolare. Giovanni è il miglior nemico di Erode, perché è colui che lo riporta con coraggio alla sua verità, non ha bisogno di adularlo per ottenere favori dal potente. Gli dice quello che pensa e dove sbaglia senza timore.
Da parte sua Erode lo stima giusto e santo, la vita di Giovanni gli testimonia che la sua parola è veritiera. A motivo della sua stima lo “preserva” (v. 20, questo è il verbo usato da Marco), tenendolo in carcere paradossalmente lo tiene lontano dalla vendetta di Erodiade. Le parole che Erode ascolta da Giovanni lo lasciano perplesso e addirittura lo ascolta volentieri. C’è qualcosa in quell’uomo che richiama, che lo riporta dentro sé stesso. Giovanni è quella voce che Erode sa di avere dentro di sé e che la corruzione del potere vorrebbe far tacere. Giovanni la richiama ed Erode ne rimane turbato.
Quella stessa voce Erodiade vuole farla tacere, non la vuole ascoltare, le è troppo di intralcio. Vedere che Erode ne resta turbato e affascinato non fa che aumentare la sua sete di vendetta.
“Venuto il giorno propizio” (cf. v. 21), scrive Marco. Propizio per chi? Per Erodiade che finalmente può attuare il suo piano di vendetta? Oppure per Giovanni che finalmente può arrivare a testimoniare con la sua vita la sua totale e incondizionata adesione alla verità? È il momento di Giovanni per essere testimone (μάρτυς in greco), per affermare con la sua stessa vita di essere quel messaggero che apre la strada al Signore (cf. Mc 1,2-3).
Il compleanno di Erode diviene l’occasione da cogliere al volo per Erodiade. Erode è con tutti i suoi dignitari a festeggiare, sta sfoggiando tutto il suo potere attraverso il lusso del suo palazzo e del banchetto offerto. Erodiade gioca la carta della corruzione: non si fa scrupolo di utilizzare la danza di sua figlia per incastrare Erode. E nell’ebrezza di chi ostenta il suo potere credendosi invincibile, Erode straparla e stra-promette. Dice alla fanciulla che può ottenere tutto ciò che vuole fino alla metà del suo regno. Erode è vittima della sua stessa arroganza perché la ragazza esortata dalla madre gli chiederà l’atto più costoso: rinunciare alla voce di Giovanni. Sarebbe stato meno dispendioso per lui rinunciare a metà delle sue terre, ma la richiesta invece taglia di netto l’unica opportunità del cuore di Erode di restare ancora perplesso.
E la richiesta non può essere respinta, c’è in gioco tutto l’orgoglio e la posizione di Erode: ha promesso non può tirarsi indietro davanti ai suoi dignitari! Come farà a mantenere il potere se si dimostra debole di fronte alla richiesta di una ragazza? Erode deve acconsentire e Marco lo descrive “molto afflitto” (cf. v. 26), sa che sta rinunciando a qualcosa di molto importante, a una relazione che seppur scabra si rivela capace di arrivare nel profondo.
Così Giovanni diviene testimone della verità: Marco racconta questo movimento, la richiesta parte da Erodiade, passa per la figlia e arriva a Erode. Da Erode alla guardia, e poi dalla guardia a Erode, alla fanciulla e infine alla madre. In una catena di corruzione, trama e inganno.
Giovanni splende luminosissimo in queste tenebre di congiure di palazzo, la sua vita è voce che inchioda la corruzione, il suo sangue apre la strada a chi cerca la vita eterna.
fratel Elia
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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