Scelti in una notte di preghiera
Gesù sale sul monte, luogo tipico nella Scrittura della rivelazione di Dio. Ci va da solo, per incontrare Dio faccia a faccia. L’evangelista Luca esplicita il fine di questa salita sul monte: la preghiera. Gesù “se ne andò “, si allontana dagli altri, dai suoi, per pregare, per sostare presso il Padre, per riaccogliere la sua presenza di vita. “E pernottò nella preghiera di Dio”. Il suo rifugio è Dio. La preghiera è la sua casa.
C’è dunque una salita, rispetto a un luogo pianeggiante, e c’è una notte, che si alterna al giorno, che segue e prepara il giorno, che lo custodisce. Durante la notte Gesù respira la presenza di Dio. Durante il giorno la manifesta, condividendola. Alle luci del giorno Gesù chiama, anzi “chiama a sé”, ossia tira fuori dall’indistinto, ma anche dalle tenebre in cui ciascuno può trovarsi: chiama a stare con lui. A dimorare presso di lui. A divenire insieme con lui dimora di Dio.
“Anche voi non siete più né stranieri né ospiti, ma siete concittadini e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per divenire abitazione di Dio per mezzo dello Spirito ” (Ef 2,19-22).
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Gesù chiama a sé gli apostoli, gli “inviati”. Sembra una contraddizione, perché li chiama a sé per mandarli a predicare. Nel vangelo secondo Marco leggiamo che Gesù “ne costituì Dodici – che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni” (Mc 3,14-15).
È il disvelarsi del cuore di Gesù: il suo chiamare a sé non è per trattenere, perché la vita è qualcosa di prezioso che va condiviso, va annunciato. Perché si espanda e generi nuova vita.
In questa memoria dei santi Simone e Giuda, apostoli, il vangelo ci fa riascoltare la scelta dei Dodici da parte di Gesù, scelta radicata nel suo pregare. E noi veniamo immersi nell’elenco di tutti i nomi di coloro che definisce “apostoli”, inviati, siamo invitati a sostare su ciascun nome, di cui poco sappiamo.
“Simone, soprannominato «lo Zelota», e Giuda di Giacomo, detto anche Taddeo, appaiono agli ultimi posti nelle liste degli apostoli. Essi assomigliano agli operai chiamati all’ultima ora, che hanno tuttavia portato a termine la loro missione di testimoni dell’Evangelo fino al martirio. Ma, come spesso capita nella storia della salvezza testimoniata dalle Scritture, è proprio agli ultimi e ai più marginali fra gli uomini che Dio sceglie di rivelarsi. Così è a Giuda, secondo l’evangelista Giovanni, che Gesù rivela la possibilità dell’inabitazione di Dio nel cuore di coloro che fanno spazio all’amore (cf. Gv 14,23). E all’amore sarà chiamato anche Simone, che prima di incontrare Gesù apparteneva a quei gruppi di ebrei disposti a manifestare il loro zelo per Dio e per la Legge anche attraverso la violenza” (dal Martirologio ecumenico).
Il Signore Gesù conceda anche a noi, che guardiamo alla prima comunità degli apostoli, di lasciarci condurre nell’esteso spazio della comunione, perché la chiesa possa continuare a essere germoglio della sua presenza viva e vivificante.
sorella Silvia
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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