Un altro amore
È veramente insolito l’atteggiamento di Gesù che troviamo nel testo di oggi. Vede la folla intorno a sé e ordina di passare all’altra riva. Allo scriba che gli dichiara di volerlo seguire risponde con una frase non tanto chiara che sembra volergli far cambiare idea. E al discepolo che vuole seppellire il padre richiede una sequela senza dilazioni.
La folla, lo scriba, il discepolo. Tre categorie di persone che evidenziano tre diversi atteggiamenti che ci possono aiutare a fare il punto sul nostro tentare di essere dei discepoli del Signore.
Se all’inizio del capitolo da cui è tratto il nostro brano si annota che molta folla seguì Gesù, utilizzando il verbo specifico per esprimere l’essere discepoli, perché qui Gesù sembra non voler avere a che fare con questa gente? Più avanti Gesù avrà compassione della folla parlando a essa in parabole e moltiplicando il pane, perché adesso se ne va da un’altra parte? Aveva appena stupito i presenti con il suo insegnamento ben più autorevole di quello degli scribi, perché non dice loro almeno qualche altra parola? Forse già prevede il ruolo che la folla svolgerà nello scegliere di crocifiggerlo e di liberare Barabba?
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Credo che possiamo leggere questo atteggiamento di Gesù come un volerci far uscire da una appartenenza generica a un insieme di persone per prendere personalmente posizione nei suoi confronti. L’essere suoi discepoli richiede un’adesione personale.
Questa adesione personale è ciò che si propone di fare lo scriba. Costui si avvicina a Gesù e, senza esitazione, dichiara chiaramente la sua intenzione: “Maestro, ti seguirò dovunque tu vada” (v. 19). Anche qui Gesù non facilita chi vuole seguirlo e gli mostra le difficoltà dell’essere un suo discepolo. Ma questa sua risposta vuole forse smascherare qualcosa d’altro?… lo vedremo.
Il terzo personaggio del nostro testo è un discepolo. Quindi una persona che ha già preso posizione personalmente nei confronti di Gesù. Infatti costui si rivolge a lui chiamandolo Signore. Ma poi vorrebbe anteporre all’essere suo discepolo l’andare a seppellire suo padre. Cosa legittima al punto da farci percepire la durezza della risposta di Gesù. Ma cosa può far sì che si lasci che i morti seppelliscano i loro morti? Cosa può far sì che si tralasci l’amore verso un genitore al punto da non prestargli nemmeno sepoltura? La risposta netta di Gesù non vuole mettere in discussione l’amore verso i genitori, vuole semplicemente far prendere coscienza che prima di tutto c’è un altro amore, c’è un “non anteporre nulla all’amore di Cristo” (Regola di Benedetto 4,21) che va messo al primo posto, c’è un amore di Cristo che non dev’essere un semplice chiamarlo “Signore” a parole. La signoria di Gesù nella nostra vita va vissuta nei fatti, nel nostro agire quotidiano, nel nostro riconoscere in lui l’unico nostro Signore. La nettezza di quel “seguimi” che Gesù richiede al discepolo esprime proprio questa esigenza radicale.
E noi, ciascuno di noi che questa mattina si prende del tempo per leggere un brano evangelico, cosa cerca in Gesù? Un ammaliatore di folle, un semplice maestro da seguire per la sapienza della sua dottrina o l’unico Signore da amare con tutto il proprio cuore, con tutte le proprie forze e con tutto il proprio amore?
fratel Dario
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