“Viene forse la lampada…” (v. 21): sì, viene la luce, anzi, è già venuta come ci ha ricordato il tempo di Natale che abbiamo vissuto poche settimane fa. “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Viene la lampada nonostante noi, ma viene per noi; viene per illuminare le nostre tenebre, per svelare ogni cosa, per rendere ogni cosa manifesta.
Viene… e a noi è chiesto solo di accoglierla, di lasciarla brillare alta sopra di noi e di custodirla in noi, nelle profondità dei nostri cuori perché sia lei, la luce, a guidarci, a orientarci, a vincere la paura, il sospetto, le tenebre che sempre cercano di invaderci, di sedurci, di tirarci a sé. Viene la lampada per riempire le nostre vite di luce, per renderci figli della luce che, come Adamo ed Eva nel giardino dell’in-principio, non si vergognano della loro nudità perché la sanno amata e custodita dal loro Creatore, nonostante i difetti, le mancanze, le storture o le lordure.
Viene la lampada, e se per il salmista questa lampada è la parola delle Scritture (“La tua parola è lampada ai miei passi, luce sul mio sentiero”, Sal 119,105), per noi questa parola, questa luce, ha preso carne in Gesù Cristo, la parola ultima e definitiva del Padre, colui che il Padre stesso ci invita ad ascoltare: “Questi è il figlio mio, l’amato, ascoltatelo” (Mc 9,7). Ecco allora che per noi la luce è Cristo, è lui la parola che ci nutre e ci guida, la parola che dobbiamo sempre ascoltare, la luce che guida i nostri passi sul cammino della pace.
A noi di discernere questa luce e questa parola, che restano in eterno e che non sono lo sfavillio seducente, ma inconsistente, di tanti luccichii che ci attorniano, di tante parole che senza profondità scorrono via come infinite e assordanti chiacchiere che si perdono nelle porosità dell’esistenza. Tra le numerose parole che ci raggiungono ogni giorno ci sono quelle che, nascendo dal grembo dell’ascolto, sono eco della Parola, e quelle invece che, anche se “stuzzicano” le nostre orecchie e i nostri cuori con la loro ricercatezza, sono in realtà buchi neri che inghiottono tutto ciò che entra nella loro orbita, lasciandoci nel nostro buio dopo l’apparente chiarore (o addirittura dentro il loro apparente chiarore). […] Continua a leggere il commento di sorella Ilaria sul sito del Monastero…
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