Immagini che pungolano
Se immaginiamo il regno di Dio solamente con i nostri riferimenti teologici ed ecclesiali rischiamo di ridurlo e incasellarlo all’interno di definizioni o porre intorno a esso dei confini che ne riducono la sua reale dimensione, che peraltro non conosciamo. Immaginare il regno di Dio chiede di entrare in una dinamica nuova, per noi forse non di immediata comprensione, che può stupirci e interrogarci.
Gesù in questa sezione del vangelo di Marco utilizza immagini e gesti di immediata comprensione. Azioni quotidiane, più volte compiute dai suoi ascoltatori immediati, molto meno da noi, perlomeno qui in occidente.
Eppure, attraverso la rilettura di tali semplici azioni, aiuta a cogliere attraverso di esse il capovolgimento delle nostre ovvie risposte facendole diventare azioni rivelative, capaci di svelare alcuni tratti del mistero del Regno, rendendoci consapevoli che solo nei cieli e terra nuovi sarà possibile una comprensione piena.
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Queste parole divengono come una corda che ci aiuta a percorrere il cammino di sequela di Gesù, comprendendone la bellezza e al contempo la complessità e gli ostacoli che a tratti posso renderla impervia. A noi è lasciato il compito di tenerci aggrappati ad essa, consapevoli che la sequela non sarà una scampagnata ma un cammino anche faticoso seppure rimanga capace di dare senso e speranza alla nostra vita.
Il brano su cui ci soffermiamo oggi è inserito all’interno delle altre parabole che hanno tutte come contesto la semina e la vita del seme. Le due affermazioni iniziano con “Diceva loro”, ovvero ai discepoli e alla folla che lo ascoltava a riva mentre egli parlava dalla barca. Come sempre, di rimando è rivolto anche a tutti noi.
In questa sezione Gesù utilizza l’immagine della luce della lampada. Come è ovvio una lampada viene accesa per illuminare e non per esser coperta con il moggio, che è un contenitore per misurare le granaglie, o sotto il letto. Viene accesa per dare luce e non per essere nascosta. Il mistero del Regno non è un discorso da iniziati, che viene nascosto, trasmesso in segreto, con mezze parole non dette alla luce del sole ma di sotterfugio, trasmesse in modo da non essere visti o ascoltati da nessuno. Il Regno non è un possesso nostro, è un dono posto alla luce per essere visto. Certo non lo vedremo nella sua completezza, ne coglieremo solo dei segni, alcuni frammenti e primordi dove non immagineremmo.
Per questo Gesù richiama al discernimento nell’ascolto, a rendere gli orecchi capaci di rifiutare le mormorazioni e i discorsi fatti al buio accettando di ascoltare solo quanto è detto alla luce del sole, con schiettezza e parresia.
Gesù si rivolge ai discepoli e alle folle, Gesù si rivolge a noi. Noi come i discepoli e le folle corriamo questo rischio, di adulare i chiacchiericci senza avere il coraggio di una parola franca certamente esigente ma che ci espone. L’ascolto e la parola evangelica non sono in svendita, non se ne può fare mercato o merce di scambio, tantomeno per ferire e uccidere l’altro. L’ascolto e la parola evangelica sono a caro prezzo e costano fatica. Se non lo comprendiamo, ci sarà tolto anche quel poco che avevamo: credevamo di misurare gli altri, di avere la verità, ma Gesù ci ricorda che ci sarà tolto tutto e ci ritroveremo senza nulla con una vita senza senso e vissuta invano.
fratel Michele
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