All’inizio del Vangelo secondo Marco la predicazione di Gesù viene accolta come un insegnamento nuovo dato con autorità (Mc 1,22). Le folle lo seguono per farsi guarire, ma scribi e farisei, conoscitori della Legge, non capiscono questo maestro che, invece della Legge, mette al centro l’uomo con le sue ferite (Mc 3,3), mostrando che l’agire di Dio nella storia ha come fine ultimo quello di rendere all’uomo la pienezza della sua umanità. Questo è possibile solo in una relazione di reciproco riconoscimento e il vangelo ci mette in crisi proprio sulla nostra capacità di riconoscere l’agire di Gesù. Chi è per noi quest’uomo che attira le folle, guarisce, chiama a sé, sovvertendo gli schemi comodi di una legge che mette tutto al suo posto: giusti e peccatori, bene e male, colpa e punizione?
Gli scribi lo accusano di essere indemoniato. Gesù risponde con una serie di parabole che fanno emergere la gravità di un giudizio simile (Mc 3,29-30). Egli ricorre a tre immagini: un regno, una casa e Satana stesso, che non possono sussistere quando sono divisi in se stessi.
Questa espressione: “diviso contro se stesso” o in se stesso, ripetuta tre volte, non allude a una semplice divisione, ma ad una disgregazione che fa guerra all’integrità dal di dentro. Queste parole si riferiscono a ciascuno di noi, come afferma anche la nostra Regola: “La divisione è in te, nelle tue profondità” (Regola di Bose 13).
Le lacerazioni che feriscono qualsiasi comunità umana nascono da una divisione interiore di cui spesso non siamo consapevoli. Se vogliamo ripristinare la comunione dobbiamo iniziare da noi stessi, non possiamo prescindere da questa realtà soprattutto quando, come sovente accade, accusiamo gli altri di essere causa della divisione, proiettando su di loro le nostre lacerazioni interiori. Come in uno specchio frantumato siamo spesso incapaci di una visione unitaria di noi stessi, lo sguardo di Gesù, lo Spirito, che è fuoco e luce, possono illuminare in un’unica luce la molteplicità che ci abita, e orientarci a un cammino di comunione che non è ricerca di perfezione né di uniformità monolitica, ma capacità di guardare noi stessi e gli altri con sguardo limpido, con occhio buono (Mt 6,22).
Gesù pronuncia una parola dura su chi bestemmia contro lo Spirito santo. Senza volerla edulcorare, possiamo dire che egli prende atto di qualcosa che è la naturale conseguenza per chi si pone in una logica di divisione al di fuori dello sguardo del Dio che tutto perdona riportandoci all’unità.
Se Satana è diviso contro se stesso ha fine. Se non sappiamo guardare con speranza al futuro, cediamo allo spirito di divisione che ci condanna a una perdita di orizzonte, ma il disegno di Dio è un altro, lo sguardo di Gesù è uno sguardo che dona vita, futuro, speranza, comunione: in lui possiamo accogliere come dono e ricchezza le diversità per camminare insieme, sperimentando la grazia del perdono che sempre ci è donato.
Oggi torniamo a vedere la forza di queste divisioni che lacerano le famiglie, le comunità, la società stessa, ma sempre possiamo opporci a questa apparentemente inevitabile deriva, se osiamo guardare l’altro con lo sguardo di Gesù che vede, al di là di tutte le divisioni e contraddizioni, un uomo con la nostra stessa vocazione all’unità. Non con la forza, ma con l’amore possiamo opporci al divisore, sapendo che lo Spirito agisce in noi e tra di noi e sperimenteremo ciò che canta un poeta contemporaneo: “nonostante tutto il male, la vita non è finita fino a quando ho una memoria e una prospettiva, a prescindere dal tempo, a prescindere da tutto, a prescindere da me”.
fratel Nimal
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