La tentazione di essere più grandi degli altri
Un paio di annotazioni testuali ci possono aiutare a cogliere la profonda valenza interiore del testo di oggi.
Occorre avere presente che vi è la ripetizione di uno stesso termine, dialoghismos, che viene tradotto in due modi differenti. I termini in questione sono “discorso”, all’inizio del testo, e, subito dopo, “pensiero”. Effettivamente “discorso” ha una corretta traduzione grazie al “tra loro”, in quanto un pensiero tra persone può riferirsi a un discorso. Ma associato al “pensiero del loro cuore”, appena successivo, sembra indicare qualcosa di inespresso che serpeggia nell’intimo dei discepoli.
Anche il “nacque” iniziale trova una traduzione letterale più precisa con “entrò”. Così viene evidenziato uno stesso “pensiero” che entra nei discepoli e che il Signore denuncia essere arrivato ad abitare fino alle profondità dei loro cuori.
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Sì, va riconosciuto quanto è ben espresso all’inizio del libro della Genesi (Gen 4,7): il pensiero cattivo, il peccato è accovacciato alla porta del nostro cuore, pronto a entrare in noi, per sbranarci come “leone ruggente”. Occorre resistergli con saldezza, occorre dominarlo. Come tutta la tradizione spirituale insegna, con il peccato non bisogna dialogare, non bisogna lasciarlo entrare. Infatti, una volta entrato, introduce in noi un germe malvagio che concepisce il male fino a farlo diventare gravido di delitto e a partorire una disgrazia in primis per chi lo ha partorito e poi anche attorno a lui.
Benedetto dunque l’intervento del Signore Gesù che apre gli occhi dei discepoli e i nostri sul male che è entrato in noi fino ad abitarci nel cuore e che, travestito da angelo di luce, ci abbaglia per farci uscire dalla via stretta che conduce alla salvezza di una vita bella, buona e felice.
Non stiamo forse anche noi coltivando nel nostro cuore pensieri di grandezza per ergerci al di sopra degli altri? Occorre riconoscere che questi pensieri ci abitano, non siamo migliori di nessun altro. Riconoscendoli, possiamo dominarli, e anche se non riusciremo a ricacciarli fuori dalla porta del nostro cuore riusciremo a contenerne gli esiti malvagi.
Smascherato il primo pensiero malvagio di grandezza e superiorità su chi ci vive accanto, ecco apparire un altro pensiero malvagio di grandezza: la grandezza o superiorità comunitaria. Giovanni candidamente riferisce di aver impedito a uno che non fa parte del gruppo di Gesù di scacciare demoni: “perché non ti segue insieme con noi”.
Qui è riferito un raro caso, forse l’unico nel vangelo, di sequela comunitaria e non personale. Anche qui il voler essere più grandi di altri emerge in tutta la sua devastante potenza divisiva. Sembra quasi che, non essendo riusciti a essere più grandi all’interno del gruppo dei discepoli di Gesù, adesso si cerchi di esserlo in quanto gruppo nei confronti di altri.
Fintanto che Gesù sarà per noi un maestro da seguire per ergerci sopra gli altri, non potremo accedere alla sua salvezza. Salvezza possibile grazie al suo essere Signore delle nostre vite che, svelando il male che ci abita, è capace di renderlo inefficace, affinché possiamo giungere tutti insieme alla pienezza della vita.
fratel Dario di Cellole
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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