Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 25 Settembre 2021

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Tra le predizioni della passione, questa è la più vicina al detto originario di Gesù: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini” (v. 44). Sottoposta al loro giudizio è la sua immagine di Dio, di uomo, di istituzione; una visione non omogenea al pensiero di molti posti in autorità: da valutare è la sua pretesa di essere l’interprete decisivo del volto di Dio e del suo progetto sul mondo. 

Gesù è consapevole che l’ora dei conti si avvicina, e prevede e preannuncia il suo destino di condanna, di passione; religione e politica non sono in grado di considerare buona notizia, dolce musica e peso leggero la sua presenza e il suo messaggio. Ieri, oggi e domani. Una predizione fatta in un tempo non sospetto: “Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva” (v. 43b). 

Gesù non si lascia incantare dal favore popolare del momento, conosce la mutevolezza degli umori e chi sta seriamente tramando, e di questo rende avvertiti i discepoli: “Mettetevi bene in mente” (v. 44) che il momento della mia condanna a morte è vicino. “Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso e avevano timore di interrogarlo su questo argomento” (v. 45). La mente dei discepoli è straniera a immaginarsi un Messia sofferente e a coglierne il senso, per questo il detto di Gesù rimane ad essi misterioso; solo la risurrezione e il dono pentecostale dello Spirito rimuoveranno il velo. Nel frattempo lo scandalo della croce (cf. 1Cor 1,22-23) conserverà tutto il suo spessore, e nei “giorni in cui lo Sposo sarà strappato” (Lc 5,35) tutti fuggiranno e lo abbandoneranno (cf. Mc 14,50). 

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La cosa ci riguarda da vicino: il consegnato dal Padre agli uomini come segno perfetto del suo amore che non esclude nessuno è dagli uomini il consegnato a una morte da sobillatore (Lc 23,2.14), da bestemmiatore (Lc 22,70-71), da malfattore (Gv 18,30) da maledetto (Gal 3,13). Una consegna che Gesù vive non da ribelle, non da eroe, non da rassegnato ma come evento rivelativo dell’amore del Padre, come consegna di una immagine di Dio che ingloba nel suo abbraccio chi lo consegna: capi religiosi, Pilato e soldati, folla, discepoli che fuggono e tradiscono, sobillatori, e altresì bestemmiatori, malfattori e maledetti. La croce è rivelazione di un Dio diverso e la resurrezione confermerà che in quella diversità egli si è riconosciuto. Mettiamocelo bene in mente.

fratel Giancarlo


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